Da sempre l’Opera per la Gioventù Giorgio La Pira mira a promuovere lo sviluppo e l’educazione integrale dei giovani, cercando di renderli persone e cittadini responsabili, attenti alle esigenze e ai bisogni del mondo.
È in questa prospettiva che si inserisce il Campo Internazionale, esperienza di incontro e di dialogo fra giovani di culture, popoli e religioni diverse. Con l’intenzione di essere il più possibile fedeli ad una vocazione di attenzione e cura nei confronti di tematiche attuali e pressanti, quest’anno abbiamo rilevato la necessità di focalizzare l’attenzione sui giovani intesi come realtà storica e categoria sociale, in special modo concentrandoci sul ruolo che questi hanno avuto nel promuovere o nell’assecondare alcuni dei cambiamenti più significativi dello scenario politico e sociale contemporaneo.
I giovani nella società: indifferenti o creativi?
Quella dei giovani è una categoria spesso abusata, specie in ambito massmediale: in particolare nel mondo occidentale, le nuove generazioni vengono presentate come disinteressate nei confronti dell’ambiente circostante, immersi in una sorta di apatia che li scollega da qualsiasi avvenimento di portata più o meno rilevante. Il nuovo elemento rappresentato dal continuo accesso a internet ed i nuovi strumenti di comunicazione forniti dai social network non sembrano modificare questa tendenza, finendo anzi con l’aggravarla: il costante bombardamento di informazioni cui i giovani sono soggetti ha apparentemente l’effetto di anestetizzarne le coscienze. L’ansia legata ad un’aspettativa verso il proprio futuro è indubbiamente presente, ma non si concretizza mai in atti concreti, in battaglie sociopolitiche propriamente dette, limitandosi il più delle volte ad una sterile ed effimera presa di posizione digitale che non ha riscontro poi nel mondo fuori dalla rete. Quanto questa condizione di indifferenza è dettata da una mancanza di consapevolezza delle proprie potenzialità o degli strumenti a disposizione per operare un cambiamento effettivo? Quanto invece si tratta solo di paura di mettersi in gioco su un terreno che non sia quello sicuro e relativamente privo di rischi che è la rete?
I giovani, però, non vengono visti unicamente sotto questa luce, anzi; pieni di interessi e naturalmente aperti al diverso, tolleranti nei confronti di altre culture e visioni del mondo perché ancora non fossilizzati nel punto di vista della generazione precedente, i giovani sono potenzialmente la testa di ponte per un cambiamento della realtà sociale unico nel suo genere. Le occasioni di studio all’estero, decisamente incrementate da organizzazioni politiche quali l’UE, e l’istintiva messa in discussione dei sistemi valoriali prestabiliti, forniscono ai giovani un’apertura mentale che confligge con l’immobilismo e l’apatia riscontrati. Come è possibile conciliare due elementi all’apparenza così dissimili? E i giovani che concezione hanno di se stessi? In quali delle due visioni si riconoscono maggiormente?
I giovani nella storia: vari tipi di impegno.
Nella storia, spesso la frustrazione nei confronti di un sistema preesistente che limita la progettualità è deflagrata in proteste più o meno pacifiche, che hanno però avuto un impatto notevole sulle politiche governative e sugli scenari sociopolitici mondiali: dalle manifestazioni studentesche in Francia del 1968 alle proteste degli studenti americani durante la guerra del Vietnam, dai movimenti giovanili anti-mafia dell’Italia degli anni ’80 alle manifestazioni per i diritti civili in Irlanda del Nord, si possono riscontrare numerosi esempi ed episodi. Anche nella storia recente, l’attivismo giovanile ha contribuito notevolmente al mutamento di alcuni scenari politici: i paesi coinvolti nella cosiddetta Primavera Araba, il Venezuela, le aree balcaniche, Spagna e Grecia, molte sono le realtà recentemente o tutt’ora coinvolte in movimenti studenteschi o giovanili tesi al mutamento di una situazione considerata ormai insostenibile. Spesso, però, questi movimenti sono sfociati in episodi di violenza; e come vanno valutate, da un punto di vista oggettivo e imparziale, manifestazioni che non si peritano nell’uso della forza, pur nel conseguimento di un fine considerato giusto?
Esiste un diverso metodo di risposta al desiderio di attivismo, che è quello classico e socialmente accettato della partecipazione alle realtà sociali e politiche esistenti, come partiti e associazioni. Certamente meno osservata e meno visibile, quella della partecipazione politica e del volontarismo sociale è una realtà in crescita, che rappresenta di per sé una risposta valida ed efficace alla volontà di cambiamento che la anima. Un lavoro silenzioso all’interno degli ingranaggi di un sistema che si vuole cambiare, però, è da considerarsi ugualmente efficace di una manifestazione di forza che indubbiamente attira più attenzione da parte dei media, come può essere una manifestazione di piazza? Fino a dove è giusto utilizzare gli strumenti della politica, quando proprio questa è percepita come uno dei problemi da risolvere?
Un nuovo tipo di movimento giovanile, legato al forte sviluppo tecnologico, è l’associazionismo online; non si contano le associazioni internazionali online che coinvolgono giovani e che si pongono obiettivi pratici e di collaborazione, senza limitarsi a tweet e likes, ma agendo anche nel concreto. Un esempio può essere il World Youth Alliance, che mira a creare rapporti tra ragazzi del Medio Oriente e del Nord Africa con l’impegno di creare società giuste che rispettino la dignità di ogni persona.
A livello istituzionale, non mancano fortunatamente anche politiche mirate, leggi e fondi dedicati pensati per il mondo giovanile e le sue esigenze. Dalla mobilità studentesca ai fondi di ricerca, fino alle facilitazioni economico-finanziarie per giovani coppie e famiglie, diversi governi stanno cercando di venire incontro a quelle che sono ansie e necessità sempre più pressanti. Da diversi anni l’Europa si sta muovendo per migliorare la situazione dei giovani; l’ultimo atto compiuto è lo Youth Guarantee, il quale si pone un obiettivo ambizioso, ossia che gli Stati membri offrano a tutte le persone di età inferiore ai 25 anni un lavoro, un’educazione continuativa, un apprendistato o un tirocinio entro quattro mesi dalla fine degli studi o del contratto lavorativo. Quanto sono appropriate le risposte che le istituzioni sanno dare ai bisogni dei giovani sui rispettivi territori? Dove invece è possibile un ulteriore sviluppo? E attraverso quali altre strutture è possibile attuare un cambiamento?
I giovani e le loro potenzialità nella prospettiva religiosa
Le tre religioni abramitiche sono da sempre sensibili alle realtà giovanili, e prestano particolare attenzione ad ansie e desideri delle nuove generazioni, tentando di leggerli alla luce della rivelazione divina. Nei testi sacri di tutte e tre le grandi religioni, la gioventù è interpretata spesso come momento turbolento e problematico della vita, durante il quale gli stimoli mondani rischiano di allontanare a più riprese il cuore del fedele dall’amore verso Dio, ma anche come momento privilegiato per l’ascolto, per l’apertura, per la dedicazione totale alla voce divina, una risposta resa più facile paradossalmente proprio dal radicalismo tipico dell’età giovanile. L’invito alla vicinanza con Dio risuona nel libro dei Salmi: “Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole.” (Sal 119,9), mentre San Paolo rileva come un giovane che agisce in maniera pura possa essere esempio e insegnante anche agli anziani: “Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. Fino al mio arrivo, dedicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito.” (1Tim 4,12-14); anche nel Corano si trovano esempi di come i giovani siano a volte fra i più pronti a seguire Dio e i suoi profeti, andando contro il tipo di prudenza che il mondo invece suggerisce: “Nessuno credette in Mosè, eccetto alcuni giovani della sua gente, poiché temevano che il Faraone e i suoi notabili li mettessero alla prova” (X,83).
L’interpretazione di determinati avvenimenti si riallaccia direttamente alla concezione della storia come evento indubbiamente umano, ma nondimeno guidato da Dio in corrispondenza ai Suoi disegni: i giovani hanno la possibilità dunque di porsi come interpreti di questi disegni, spiriti particolarmente reattivi e sensibili che forzano il mondo verso un’età nuova, più avanzata nel progetto divino; le alternative sono, invece, l’essere complici di un immobilismo che vorrebbe frenare il cammino storico, da una parte, o il lasciarsi trascinare da una violenza rivoluzionaria fine a sé stessa, non corrispondente ad altro disegno che ad una smania incontrollata e caotica. Come le grandi religioni possono agire da guida per i giovani nel discernimento della propria volontà di cambiamento? Quali strumenti possono loro dare per capire appieno il proprio ruolo nel cammino storico dell’umanità?
All’interno del rapporto fra religioni e giovani, non è possibile evitare di considerare anche l’appoggio materiale che le istituzioni religiose hanno prestato a determinati movimenti giovanili di protesta o addirittura lotta sociopolitiche: laddove è riconosciuta una legittima presa di coscienza e richiesta di diritti, i capi religiosi non esitano a sostenere concretamente le iniziative giovanili e studentesche, come nell’emblematico caso del ruolo avuto dalla Chiesa cattolica nella Repubblica Democratica del Congo nel 1992 durante le manifestazioni contro il dittatore Mobutu Sese Seko. D’altra parte, numerosi sono stati anche i momenti in cui le autorità religiose hanno aspramente criticato movimenti di protesta anche legittimi, schierandosi invece dalla parte della tradizione e dello status quo: quale deve essere il ruolo delle guide religiose verso giovani ansiosi di operare un cambiamento nella propria società? Quando e in che modalità è auspicabile un appoggio, o altrimenti una critica?

From the beginning, Opera per la Gioventù Giorgio La Pira aims to promote integral development and education of youth, trying to make them responsible people and citizens, careful about the world necessities and needs.
It’s in this perspective that finds his place the International Camp, an experience of encounter and dialogue among young people from different cultures, communities and religions. With the purpose of being faithful as much as possible to a vocation of attention and care towards actual and urgent themes, this year we felt the necessity to focus on youth interpreted like an historical reality and a social category, especially concentrating on the role young people had in promoting or supporting some of the more meaningful changes of the political and social contemporary scenario.
Youth in society: indifferent or creative?
That of youth is a category often abused, especially in a mass-media area: particularly in the Western world, new generations are presented as disinterested towards the surrounding reality, immersed into a sort of apathy that disconnects them from any kind of event, more or less relevant. The new element represented by constant access to the Internet and to the new communication instruments supplied by social network doesn’t seem to change this tendency, ending up in exacerbating it; the constant bombing of information which young people are exposed to has apparently the effect of anesthetizing consciences. The anxiety linked to an expectation towards their future is present without any doubt, but it doesn’t realize itself in concrete acts, with real sociopolitical battles, limiting itself most of the time to an unproductive and fleeting digital stance that doesn’t find space in the world outside the net. How much this condition of indifference is dictated by a lack of consciousness of our potential or of the instruments given to operate an effective change? On the other hand, how much of this is just fear of questioning ourselves on a field that is not one as secure and harmless as the net?
Young people, anyway, aren’t seen only from this perspective, on the contrary; full of interests and naturally open to the different, tolerant towards other cultures and visions of the world since they’re not yet fossilised on the former generation’s point of view, young people are potentially the main actors of a social change of a unique kind. The chances of studying abroad, certainly incremented by political association such as UE, and the instinctive critique of prearranged system of values, give to youth a opened mind that conflicts with the noticed inactivity and apathy. How is it possible to conciliate two elements so apparently different? And what do young people think about themselves? In which of the two visions to they recognize themselves more?
Youth in history: different kinds of activism.
Anxiety for a life project frustrated or obstructed by actual sociopolitical conditions, however, creates another phenomenon in the world of young people, diametrically opposite to the one just described. Frustration towards a present system that limits planning and the missing participation to political and decision-making systems often lead to reactions destined to have a deep bearing on governmental politics and on worldwide sociopolitical scenarios: from student manifestation in France during 1968 to American students’ objection during the war in Vietnam, from young anti-mafia movements in Italy in the ’80s to the manifestation for civil rights in North Ireland, numerous episodes and examples can be found. Even in recent history, youth activism has considerably helped with the change of some political scenarios: countries involved in the so called Arab Spring, Venezuela, balcanic areas, Spain and Greece, many are the realities recently or still involved in students’ or youth’s movements whose aim is the change of situation considered to be unbearable.
However, often these manifestations give rise to violence episodes; and how are movements and manifestations that don’t put aside violence, even if in order of a goal considered to be the right one, to be objectively and impartially considered?
There’s a different way of answering to the activism desire, which is the classical and socially accepted participation to social realities and existing politics, like parties and associations. Certainly less observed and less visible, political participation and social voluntarism are a growing reality, that represent per se a valid and effective answer to the will of change animating it. Yet, is a silent work within the mechanisms of a system that we want to change to be considered as effective as a strength manifestation that claims, without any doubt, more attention from media, like a manifestation in a square? Is it right to use political instruments, when politics itself is felt like a problem to be solved?
A new kind of youth movement, linked to the great technological development, is online organization; online associations that involve young people and that give them practical and collaborational goals, without reigning them in tweets and likes but concretely acting, can’t be counted. We can find an example in World Youth Alliance, which aims to create relations between young people from Middle East and from North Africa, with the goal to create just societies that respect individual dignity.
Institutionally, there’s no lack of focused politics, laws and dedicated capitals thought for youth world and his needs. From students’ mobility to research capitals, up to economical and financial facilitations for young couples and families, several governments are trying to meet the more and more urgent anxieties and requirements. Since many years Europe is moving to improve youth situation; the last action made is the Youth Guarantee, an ambitious goal that is the offer, from member Countries, of a work, a constant education, an apprenticeship or a training within four months from the studying or the working contract end to any citizen younger than 25 years old. How much are the answers given by institutions appropriate for youth needs on respective countries? Where, on the other hand, can people work on a further development? And through what other structures is it possible to make a change?
Youth and their potential under a religious perspective
The three Abrahamic religions are, from time immemorial, sensitive about youth realities, and give particular attentions to new generations’ anxieties and desires, trying to read them in the light of divine revelation. In the Holy Texts of the three great monotheistic religions, youth is often interpreted as a stormy and problematic moment of human life, during which secular incitements risk to separate several times the believer’s heart from his love for God, but also like a privileged moment for listening, for answering, for total dedication to divine voice, an opening made paradoxically easier by typical young radicalism itself. The call to a closeness to God resonates in the Psalms book: “How can a young person stay on the path of purity? By living according to Your word.” (Psalms, 119, 9), while Saint Paul observes how a youngster acting purely can be an example and a teacher even for old people: “Don’t let anyone lood down on you because you are young, but set an example for the believers in speech, in conduct, in love, in faith and in purity. Until I come, devote yourself to the public reading of Scripture, to preaching and to teaching. Do not neglect your gift, which was given you through prophecy” (1Tim 4,12-14); even in the Quran there are examples about how young people are sometimes the ones more willing and ready to follow God and his prophets, going against the kind of caution world suggests: “But no one believed Moses, except some youths among his people, for fear of Pharaoh and his establishment that they would persecute them” (X, 83).
The interpretation of certain events is directly linked to the concept of history as a human occurrence, but nonetheless led by God according to His plans: youth have the possibility to present themselves as exponents of this schemes, particularly reactive and sensitive spirits that force the world to a new age, more advanced in the divine project; instead, choices are to be complicit with an immobility that’d want to put a halt to the historical path or, on the other hand, to be led by a revolutionary violence which is a purpose in itself, not corresponding to any design other than an uncontrolled and chaotic restlessness. How can the great religions be a guide for youth for discerning their will of change? Which instruments can be given to young ones to help them fully understand their role in the human history’s pattern?
Within the relationship among youth and religions, it is not possible not to consider also the material help that religious institutions have given to certain youth’s movements of protest or even to sociopolitical fights: where a legitimate awareness and request of rights are recognized, religious leaders don’t hesitate to concretely sustain youngsters’ and students’ initiatives, such as the emblematic role the Catholic Church had in Democratic Republic of Congo in 1992 during the manifestations against the dictator Mobutu Sese Seko. On the other hand, there have been numerous moments during which religious authorities have harshly criticized objection movements, even if legitimate, lining up with tradition and status quo: what should the role of religious guides be regarding youths anxious to operate a change in their society? When and how is it beneficial a help, or a critic otherwise?

Sentirsi a casa nel mondo

Incontri e testimonianze all’insegna della comprensione reciproca e di un’amicizia che superi le barriere.
All’incontro interverranno: Magreth Anicet, Hamdan Al-zeqri, Fra Matteo Brena, Lamberto Piperno Corcos, Izzedin Elzir.
Dopo i lavori, tutti insieme per un’apericena! Non mancare!
L’incontro si terrà presso Centro Internazionale Studenti “G. La Pira”, in via dei Pescioni 3 dalle ore 16.

Dal 17 al 24 novembre scorso un gruppo di 15 giovani dell’Opera è stato impegnato in un viaggio-pellegrinaggio a Mosca e San Pietroburgo, sulle orme dei viaggi che il professor La Pira inaugurò nel 1959 e, in particolare, in ricordo del decennale della morte di Pino, che da sempre è stato molto legato ai rapporti con le realtà di Mosca e di San Pietroburgo con cui abbiamo stretto relazioni.

I giovani dell'Opera La Pira con gli amici dell'università del MGIMO

I giovani dell’Opera La Pira con gli amici dell’università del MGIMO

Domenica 17 Novembre: partiamo dall’aeroporto di Firenze e dopo un breve scalo a Monaco arriviamo a destinazione nel tardo pomeriggio. Siamo subito accolti da Alexander, uno studente del MGIMO (Università Statale per le Relazioni Internazionali di Mosca), e da Gioele, un giovane dell’Opera già presente in Russia per un soggiorno di studio. Ci sistemiamo all’Hotel Salut, nella zona sud di Mosca vicino all’Università.

Prima di cena celebriamo insieme la S. Messa.

Lunedì 18 Novembre: una piccola delegazione del gruppo incontra il nuovo Nunzio Apostolico a Mosca, mons. Ivan Jurkovic. Il Nunzio si dimostra molto interessato alla nostra attività, e ci esorta a continuare il nostro cammino di dialogo religioso e culturale. 

In mattinata visitiamo il centro di Mosca, in particolare la Piazza Rossa e il Cremlino, accompagnati da Zarina e Veronika; nel pomeriggio visitiamo la Basilica Ortodossa di Cristo Salvatore, demolita dal regime sovietico e successivamente ricostruita (il lavori sono ultimati solo nel 2000). Successivamente, accompagnati da Sergey, Julia e Arteem, facciamo una passeggiata per il centro della città.

Prima di cena celebriamo tutti assieme la S. Messa.

Martedì 19 Novembre: dopo aver celebrato la S.Messa, andiamo a visitare la Galleria Tetriakov: in questo museo sono conservate le opere di molti artisti russi, fra cui alcune icone di Rublev e dei ritratti di Ivan Nikitin. Arteem è la nostra guida all’interno del museo, ci accompagnano inoltre Marja e Maxim.

Nel pomeriggio partecipiamo ad un incontro all’Università di MGIMO dedicato al ricordo della figura di Pino.

L'incontro presso l'università MGIMO

L’incontro presso l’università MGIMO

Ci viene portato il saluto di Anatoly Torkunov, rettore dell’Università. Dopo una breve introduzione della professoressa Tatiana Zonova, che da anni collabora con l’Opera e accompagna i giovani studenti russi a “La Vela” per il Campo Internazionale, e di Dino Nardi, intervengono diversi giovani dell’Opera e giovani studenti di MGIMO, come Maxim, Roman, Arteem. Ci confrontiamo sul significato profondo della nostra esperienza di dialogo e scambio, sottolineando il fatto che dalle relazioni vere, anche con persone molto diverse da noi, non possiamo che uscire arricchiti. Per questo siamo convinti della bellezza e utilità di questo rapporto che dura ormai da 25 anni, determinati a farlo crescere ancora attraverso una sempre più intensa collaborazione.

Infine interviene Evgenj Silin, direttore dell’Associazione per la Collaborazione Euro-Atlantica: dopo un commosso ricordo di Pino e del professor La Pira, ci esorta a continuare a coltivare i rapporti tra l’Opera e MGIMO poiché si fondano su solidissime radici e hanno già portato, e porteranno ancora, molti frutti.

Mercoledì 20 Novembre: celebriamo tutti assieme la S. Messa e dopo partiamo per Sergiev Posad, a nord-est di Mosca, dove visitiamo il Monastero della Trinità di San Sergio, centro della spiritualità ortodossa e sede centrale del Patriarca Kirill. Visitiamo, assieme ad un guida e a Dimitri, un altro studente del MGIMO, le Chiese che compongono il Monastero, le cui prime costruzioni risalgono al 1340 ad opera dello stesso San Sergio di Radonez. Sostiamo in particolare sulla tomba di Massimo il Greco, che fu ospite del convento di San Marco a Firenze al tempo di Savonarola e il cui corpo fu ritrovato per iniziativa del professor La Pira durante il suo primo viaggio nel 1959. Abbiamo poi un breve momento di preghiera personale sulla tomba di San Sergio, il santo più venerato dalla Chiesa russa Ortodossa.

Viaggio in Russia - Sergiev Posad

I giovani dell’Opera in pellegrinaggio a Sergiev Posad

Giovedì 21 Novembre: celebriamo assieme la S. Messa e poi ci rechiamo al Patriarcato della Chiesa Ortodossa russa presso il Monastero di San Danilov. Incontriamo padre Aleksij Dikarev, funzionario della segreteria per le relazioni inter-cristiane del Dipartimento per le relazioni estere del patriarcato, accompagnati da Mikhail Arteev, membro del Common Cause. Dopo averci ricordato il grande impegno ecumenico del professor La Pira, soprattutto nell’invitare gli osservatori della chiesa ortodossa russa ai lavori del Concilio Vaticano II, ci parla dell’attuale stato dei rapporti tra Chiesa cattolica e ortodossa. Segue un breve ma positivo confronto con i giovani riguardo al Campo Internazionale.

Nel tardo pomeriggio andiamo alla stazione ferroviaria di Mosca, dove prendiamo il treno per trasferirci a San Pietroburgo dopo giorni molto intensi, ricchi di incontri, momenti di riflessione, ma soprattutto occasioni di condivisione con i giovani amici moscoviti incontrati nelle scorse estati ai campi internazionali al villaggio “La Vela”.

Arriviamo a San Pietroburgo in tarda serata, dove veniamo accolti da padre George e i diaconi Bogdan e Timofey; ci accompagnano presso il monastero ortodosso di San Sergio, dove veniamo ospitati da padre Andrej.

Venerdì 22 Novembre: accompagnati dai nostri amici ortodossi, ci dirigiamo verso Puskin, in mattinata visitiamo il Palazzo d’Estate di Caterina la Grande. Andiamo poi alla Cattedrale di San Teodoro dove incontriamo il Vescovo Markell che, alla fine degli anni ’80, fu più volte ospite a “La Vela” accompagnando i giovani seminaristi ortodossi stringendo un particolare legame umano e spirituale con Pino. Si svolge una celebrazione, guidata dal Vescovo Markell, insieme ad alcuni sacerdoti ortodossi e vecchi amici che hanno partecipato al Campo Internazionale negli ultimi anni, in memoria di Pino.

I giovani dell'Opera incontrano il Vescovo Markell, con cui condividono un momento di preghiera in memoria di Pino

I giovani dell’Opera incontrano il Vescovo Markell, con cui condividono un momento di preghiera in memoria di Pino

Ci spostiamo poi nella periferia di Puskin, in una zona in grande espansione urbanistica, dove partecipiamo alla cerimonia per l’inizio della costruzione di una nuova Chiesa per la comunità di cristiani ortodossi di questa nuova area urbana.

Torniamo a San Pietroburgo dove incontriamo la Comunità delle suore missionarie Domenicane. La quattro sorelle che compongono la comunità ci testimoniano con semplicità ma anche grande passione la loro missione, a sostegno della parrocchia cattolica di Santa Caterina, raccontandoci delle grandi difficoltà che hanno incontrato ed ancora incontrano, ma anche della ricchezza di questa esperienza che ormai dura da oltre vent’anni. Celebriamo tutti assieme la S. Messa nella casa della comunità.

Sabato 23 Novembre: la mattina visitiamo l’Ermitage, uno dei più grandi musei del mondo, allestito in un complesso architettonico che comprende anche quello che fu il Palazzo d’Inverno, residenza degli Zar della dinastia Romanov. Vi è conservata una delle più importanti collezioni d’arte al mondo.

Nel pomeriggio visitiamo alcuni tra i luoghi più significativi della città: la Prospettiva Nievskij, la cattedrale di San Salvatore sul Sangue Versato, la Cattedrale di Sant’Isacco, l’Ammiragliato.

Prima di recarci a Santa Caterina per la S. Messa, partecipiamo alla celebrazione ortodossa della vigilia della domenica, presieduta dal nostro amico Bogdan, presso la sua parrocchia.

Celebriamo la S. Messa Vespertina presso la chiesa di Santa Caterina assieme alla comunità parrocchiale.

La cena presso la comunità cattolica di Santa Caterina

La cena presso la comunità cattolica di Santa Caterina

Siamo accolti dai giovani della parrocchia che negli ultimi anni hanno partecipato al Campo Internazionale, che ci hanno preparato la cena: Marja, Olga, Asya, Mikhail, Egle, Evgenya, Feodor, Marja, Varvara, Anna… Trascorriamo assieme ad amici vecchi e nuovi la serata in allegria, ringraziandoli di cuore per la calorosissima accoglienza.

Domenica 24 Novembre: assistiamo ad una celebrazione liturgica ala Cattedrale ortodossa di Kazan, la parrocchia di padre George, nel centro di San Pietroburgo. Dopo un ultima visita della città, pranziamo presso la Cattedrale e poi ci dirigiamo verso l’aeroporto. Rientriamo a Firenze in tarda serata, stanchi e ancora non ben consapevoli della ricchezza di ciò che abbiamo vissuto; con tanta voglia di ringraziare l’Opera per la meravigliosa opportunità che ci ha dato, e tanti amici che ci hanno accolto con grandissima cura ed attenzione. In questi giorni possiamo dire di aver veramente sperimentato il “tesoro di bellezza, arte e liturgia” di cui fino a ieri avevamo solo sentito parlare.

From November 17th to 24th a group of 15 young people from “Opera La Pira” went to Moscow and St. Petersburg for a journey-pilgrimage, trying to follow the footsteps of the travels Professor La Pira made starting in 1959, with the particular aim to commemorate the 10th anniversary of the death of founder Pino Arpioni, who had always been very close to the realities of Moscow and St. Petersburg whom our association share a relationship with.
The group of Opera La Pira with the friends of the University of MGIMO

The group of Opera La Pira with the friends of the University of MGIMO

Sunday, November 17th: We took off from Florence airport, and after a short stop in Munich we landed in Moscow in the late afternoon. We are immediately welcomed by Alexander, a student from MGIMO (University of International Relations in Moscow), and Gioele, a young man from “Opera” in Russia already for a study purposes. We housed at Hotel Salut, in the south of Moscow, near the University. 
Before dinner we celebrated together the Holy Mass.
Monday, November 18th: A small delegation from our group met the new Apostolic Nuncio in Moscow, Mons. Ivan Jurkovic. The Nuncio proved to be very interested in our activities, and encouraged us to continue our journey of religious and cultural dialogue.
In the morning we visited the center of Moscow, including the Red Square and the Kremlin, accompanied by Zarina and Veronika, while in the afternoon we visited the Orthodox Cathedral of Christ the Saviour, demolished by the Soviet regime and later rebuilt (the work was completed only in 2000). Later, accompanied by Sergey, Julia and Arteem, we took a walk in the city center.
Before dinner we celebrated together the Holy Mass.
Tuesday, November 19th: After the celebration of  the Holy Mass, we visited Tetriakov Gallery: this museum houses the works of many Russian artists, including some of Rublev’s icons and portraits of Ivan Nikitin. Arteem was our guide inside the museum, and we were accompanied also by Marja and Maxim.
In the afternoon we took part to a meeting at MGIMO University about Pino Arpioni, his memory and legacy.
We received the greetings of Anatoly Torkunov , rector of the University.
The meeting at the MGIMO University

The meeting at the MGIMO University

After a brief introduction by Professor Tatiana Zonova, who has been working with Opera and accompanies the young Russian students to “La Vela” during the International Camp, and Dino Nardi, vice-president of our association, several members of our group and some young students from MGIMO, such as Maxim, Roman, Arteem, took part to the discussion. We spoke about the deep meaning of our dialogue and exchange experience, emphasizing the fact that establishing true relations, even with people very different from us, is a precious occasion of growth. This is why we are sure of the beauty and usefulness of this particular relationship, 25 years lasting now, and we are determined to make it grow through more an intense collaboration. 
In the end, Evgenj Silin, director of the Association for Euro-Atlantic Cooperation, after a heartfelt remembrance of Pino and Professor La Pira, encouraged us to keep on cultivating the relationship between Opera and MGIMO, since they are based on solid roots and have already brought, and still bring, many benefits.
Travel in Russia - Sergiev Posad

The Opera La Pira group visits Sergiev Posad


Wednesday, November 20th: We celebrated together the Holy Mass and then we went to Sergiev Posad, north-east of Moscow, where we visited the Monastery of St. Sergius Trinity, center of Orthodox spirituality and headquarters of Patriarch Kirill. We visited, along with a guide and Dimitri, another student from MGIMO, the churches that compose the monastery, whose buildings date back to the early 1340s, built by the same St. Sergius of Radonezh. In particular, we stopped at Maximus the Greek’s tomb, a monk who had been a guest of St. Mark’s convent in Florence at Savonarola’s times, whose body was found following the initiative of Professor La Pira himself during his first trip in 1959. We then had a brief moment of personal prayer at the tomb of St. Sergius, the most worshipped saint in Russian Orthodox Church .
Thursday, November 21st : We celebrated the Holy Mass and then we went to the Russian Orthodox Church Patriarchate at St. Danilov Monastery . We met Father Alexsij Dikarev, the official secretary of inter-Christian relationships of the Partiarchate’s Department of Foreign Relation, accompanied by Mikhail Arteev, a member of the Common Cause association. After reminding us of Professor La Pira’s great ecumenical commitment, especially visible in the initiative of inviting observers from Russian Orthodox Church during the works of Second Vatican Council, father Aleksij talked about the current state of relations between the Catholic and the Orthodox Churches. In there, we had a brief but positive dialogue about our International Camp.
In the late afternoon we went to the train station in Moscow, where we took the train to finally move to St. Petersburg, leaving behind us intense days in Moscow, full of meetings, moments of reflection, but most of all opportunities for sharing the memories of the past camps at “La Vela” with our Moscovite friends.
We arrived in St. Petersburg at late evening, and we were greeted by Father George and the deacons Bogdan and Timofey; they accompanied us at the Orthodox monastery of St. Sergius, where we were hosted by Father Andrej.
Friday, November 22nd: Accompanied by our Orthodox friends, we headed to Pushkin, where, in the morning, we visited the Summer Palace of Catherine the Great. Then we moved to the Cathedral of San Theodore, where we met the Bishop Markell. At the end of the ’80s, he had been a frequent guest at “La Vela” Village as the accompanier of young Orthodox seminarians; during this experience, he formed a unique human and spiritual bond with Pino. A celebration in memory of Pino led by Bishop Markell took place, and some Orthodox priests and old friends who participated to the International Camp in recent years joined us as well.
We then moved towards the outskirts of Pushkin, in an area of great urban expansion, where we participated to a ceremony marking the beginning of the construction of a new church for the Orthodox Christian community of this new urban area.
The group of Opera meet the Bishop Markell, with whom they share a moment of prayer in memory of Pino.

The group of Opera meet the Bishop Markell, with whom they share a moment of prayer in memory of Pino.

 Eventually we went back to St. Petersburg, where we met the Community of the Dominican Missionary Sisters. The four nuns that the community is composed of gave us with simplicity but also great passion a testimony of their mission in support of the Catholic parish of St. Catherine, telling us about the great difficulties they encountered and still encounter in doing so, but also about the human and spiritual richness of this twenty-years-lasting experience. We celebrated the Holy Mass together in the house of the community.
Saturday, November 23rd: In the morning we visited Hermitage, one of the largest museums in the world, housed in an architectural complex that also includes what once was the Winter Palace, residence of the Tsars of the Romanov dynasty; one of the most important art collections in the world is preserved in the museum.
In the afternoon we visited some of the most significant places of the city: the Nevsky Prospect, the Church of St. Saviour on Spilled Blood, St. Isaac’s Cathedral, the Admiralty building.
Before coming back to St. Catherine for the Holy Mass, we participated to an Orthodox celebration of Sunday’s eve, celebrated by our friend Bogdan at his parish.
Dinner at the Catholic community of St. Catherine

Dinner at the Catholic community of St. Catherine


We celebrated the Holy Mass at the Church of St. Catherine with the parish community.
We were greeted by the young people of the parish that, in recent years, have experienced the International Camp: Marja, Olga, Asya, Mikhail, Egle, Evgenya, Feodor, Marja, Varvara, Anna… We joyfully spent the night together with old and new friends, and we still thank them for the extremely warm welcome.
Sunday, November 24th: We participated to an Orthodox liturgical celebration at Kazan Cathedral, the parish of Father George, in the very center of St. Petersburg. After a last visit to the city, we had lunch near the Cathedral and then we headed to the airport. We came back to Florence in the evening, tired and still not well aware of the richness and importance of what we had experienced, with a great desire to thank Opera for the wonderful opportunity it gave us, and the many friends who welcomed us with great care and attention. We can say that during these days we truly experienced the “treasure of beauty, art and liturgy” remembered in our Prayer for Peace, a treasure of which, before yesterday, we had only heard about.

Nel moderno mondo globalizzato, condividere e confrontare le esperienze a partire da diversi punti di vista e background, discutere problemi cruciali per l’umanità diventa condizione unica e sufficiente per rendere il mondo un posto migliore. Siamo giovani provenienti da Albania, Croazia, Gabon, Israele, Italia, Madagascar, Palestina, Repubblica Democratica del Congo e Russia, studenti e lavoratori, che si sono ritrovati al Villaggio La Vela per vivere insieme in un ambiente particolare che ci ha permesso sia di divertirci che di discutere temi importanti. Siamo profondamente convinti che l’atmosfera che abbiamo creato non abbia solo contribuito a generare nuove idee ma anche a trasmettere quelle già esistenti ai nostri amici e colleghi. In linea con i famosi motti United we stand, divided we fall e In varietate concordia il nostro lavoro si è basato su una collaborazione reciprocamente benefica e ha portato ai seguenti risultati.
Esaminando la povertà e le sue cause, abbiamo scoperto come questa sia strettamente connessa a temi come l’emarginazione, la diseguaglianza e la mentalità dominante. Riguardo all’emarginazione, essere un escluso nella società moderna non implica necessariamente un basso livello di reddito ma piuttosto un’esclusione da diritti, servizi e risorse. Un’idea analoga è applicabile alla diseguaglianza: questa non  è solo limitata alla dimensione economica ma coinvolge anche aspetti sociali, politici, religiosi e culturali. Dato che questi fattori rivestiono una grande importanza ed influenza nella vita umana tendono a sollevare anche il problema della diseguaglianza di opportunità. Diversamente dal conformismo, la diversità è un valore, dato che può rappresentare un contributo fondamentale al progresso dell’umanità.
Ancora, riguardo alla mentalità, la povertà non dovrebbe essere considerata una colpa individuale. Considerati i pregiudizi e gli stereotipi negativi sulle circostanze che riguardano il diventare ed il restare povero, cambiare l’opinione delle persone su questo argomento è una delle maggiori sfide nella lotta alla povertà. Perciò, per interrompere il circolo vizioso di inconsapevolezza e noncuranza verso la povertà, per distinguere le sue cause e i suoi effetti, vanno ancora intraprese molte azioni.
La povertà ha diversi volti e fasi: essendo un fenomeno complesso ed a più livelli, le risposte che forniamo ad esso e le politiche ideate per ridurlo devono essere pervasive. Parlando delle strategie e degli interventi possibili, crediamo nella necessità di creare consapevolezza attraverso l’educazione delle nuove generazioni e la promozione di dibattiti sulla povertà e questioni sociali correlate. Questo sarà il punto di avvio nello sviluppo di una percezione della povertà propriamente sociale, così da cancellare pregiudizi e comportamenti intolleranti verso le persone più svantaggiate. Creare una mentalità diversa attraverso questo nuovo sistema di valori dovrebbe coinvolgere e richiedere l’impegno di individui e comunità, a partire dalle più basilari, come le famiglie, fino ai governi e alla comunità internazionale.
Le comunità stesse dovrebbero essere intese come gruppi di persone piccoli o grandi in cui l’identità comune non nega la specificità degli individui che le compongono e che non escludono alcuno di quelli che ne sono al di fuori. Muovendosi su binari paralleli, le singole persone dovrebbero avere la possibilità di sviluppare un approccio libero e critico a questi temi, sentendosi personalmente responsabili per la salute ed il benessere dei poveri. Nel frattempo le comunità in quanto totalità, inclusi stati, società, gruppi religiosi, ecc., dovrebbero seguire una politica di condivisione per redistribuire beni  e risorse, in modo da evitare che qualcuno sia privato dei diritti umani essenziali. Dato che la povertà è un processo dinamico più che una condizione statica, è necessaria la prevenzione tanto quanto la cura: sotto questo aspetto dovrebbe essere sottolineato che la politica ha un ruolo fondamentale da giocare nella lotta ad essa.
La povertà materiale e sociale dovrebbe essere distinta dalla povertà come valore spirituale. Mentre la prima è una mancanza e una causa di emarginazione, la seconda può essere vista, al contrario, come una libera scelta ed una via per vivere a pieno ed in verità la vita umana. Privarsi dei beni materiali, infatti, è stato considerato da molti attraverso i secoli come una via privilegiata per raggiungere una relazione più stretta con Dio, se stessi e gli altri. Come donne e uomini di buona volontà, appartenenti alla famiglia di Abramo, crediamo che saremo giudicati nell’ultimo giorno a seconda di come ci saremo comportati verso i poveri: da questa prospettiva accogliere ed aiutare il povero diventa un’occasione unica di contemplare il volto di Dio e di realizzare la nostra vocazione.
Nonostante il ruolo fondamentale che le istituzioni governative ancora giocano nell’affrontare la povertà, politici, insegnanti, capi religiosi e tutte le persone di potere devono guidare questo processo. Ciò nonostante, crediamo fermamente che un determinato compito sia affidato ad ogni singolo individuo nella sua vita quotidiana. Noi, i partecipanti del Campo Internazionale, siamo fermamente determinati a condividere e diffondere lo spirito de “La Vela” portando una candela capace di accendere infinite fiamme senza diminuire il proprio fuoco.

Castiglione della Pescaia, 16 agosto 2013

In the modern globalized world, sharing and comparing experiences starting from different points of view and backgrounds, discussing crucial problems of humanity, becomes part and parcel of making this world a better place. We are young people from Albania, Democratic Republic of Congo, Croatia, Gabon, Israel, Italy, Madagascar, Palestine and Russia, students and workers who gathered in Village “La Vela”  to live together in a particular environment that allowed us both to have fun and to discuss major issues. We are deeply convinced that the atmosphere we created is not only conducive to generating new ideas but also to conveying those which already exist to our friends and colleagues. In line with the well-known mottos United we stand, divided we fall and In varietate concordia our work was based on mutually beneficial collaboration and brought the following results.
Examining poverty and its causes we found out that it is tightly connected with such issues as marginalization, inequality, and the prevalent mentality. As far as marginalization is concerned, being an outcast in the modern society does not necessarily imply a low level of income but rather an exclusion from rights, services and resources. A similar idea is applicable to inequality: it is not only limited to the economic dimension but also embodies social, political, religious and cultural aspects. The above factors being of great importance and influence on human life tend to bring on the problem of inequality of opportunities. Unlike uniformity equality is a value, whilst diversity can be a fundamental contribution to the prosperity of mankind.
Still, in terms of mentality, poverty should not be considered as an individual guilt. With prejudices and negative stereotypes about the circumstances of becoming and remaining poor, changing people’s mind on this subject is one of the major challenges in fighting poverty. Thus, in order to break the vicious circle of unawareness about poverty and neglecting it, so as to distinguish its causes and effects, a lot of actions are still to be taken.
Poverty has different faces and phases: being a multi-level and complex phenomenon, the answers we give to it and the policies designed to alleviate it must also be incompassing.Talking about the possible strategies and interventions, we believe in creating awareness through educating the new generation and promoting public debate on poverty and related social issues. This will be the starting point in the development of a proper social perception of poverty, so to erase prejudices and intolerant behaviors towards disadvantaged people. Creating a different mentality through this new system of values should involve and require the effort of individuals and communities, starting from the most basic, like families, up to governments and international community.
The communities themselves should be intended as big or small groups of people in which the common identity doesn’t deny the specificity of individuals composing it, nor exclude the ones out of it. Moving on parallel tracks, the single persons should be allowed to develop a free and critical approach to these issues, thus feeling personally responsible for the health and well-being of the poor. In the meanwhile, the communities as a whole, including states, societies, religious groups etc., should follow a policy of sharing to redistribute resources and assets, in order to avoid anybody to lack the basic human rights. Since poverty is a dynamic process more than a static condition, prevention is needed just as cure: under this aspect it should be underlined that politics has a major and fundamental role to play in fighting it.
Poverty from a material and social condition should be distinguished from poverty as a spiritual value. While the first one is a lack and a cause of outcasting, the second can be seen, on the opposite, as a free choice and a way to deeply and truly live human life. Depriving oneself from material goods, in fact, has been considered by many through the centuries as a privileged path to reach a closer relationship with God, oneself, and the others. As women and men of good will, belonging to the Abrahamic family, we believe that we shall be judged on our final day according to the way we behaved towards the poor: from this perspective, welcoming and helping the poor becomes a unique occasion to contemplate the face of God and to fulfill our vocation.
Despite the fundamental role the governmental institutions still play in tackling poverty, politicians, teachers, religious leaders and all people in power must lead this process. Nevertheless, we strongly believe that a certain commintment is entrusted to every single individual in his or her daily life. We, the participants of the Internationl camp, are strongly committed to share and spread the spirit of “La Vela” holding a candle that lights countless flares without diminishing its flame.

Castiglione della Pescaia, August 16, 2013

Siamo giovani provenienti da diverse parti del mondo, che si sono riuniti al Villaggio La Vela per partecipare al Campo Internazionale promosso dall’Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” di Firenze. Veniamo dal Benin, dal Camerun, da Israele, dall’Italia, dal Madagascar, dalla Palestina, dalla Repubblica Democratica del Congo, dalla Romania, dalla Russia e dal Senegal. In un’atmosfera di amicizia e di dialogo multiculturale abbiamo discusso il tema del lavoro e della disoccupazione giovanile ed abbiamo condiviso le nostre esperienze personali, senza essere inibiti da tabu sociali o stereotipi, liberi da qualunque tipo di barriera tra di noi. In questo modo, abbiamo avuto l’opportunità di condividere punti di vista nuovi su un problema che riguarda tutti noi. Traendo ispirazione dal detto africano: “Se vuoi andare veloce, vai da solo; se vuoi andare lontano, cammina insieme agli altri”, abbiamo scoperto che vivere e discutere insieme fortifica la nostra volontà di cambiare le cose, e rende possibile farlo.
Il primo punto essenziale sul quale ci siamo trovati d’accordo è il fatto che il lavoro non è solamente una categoria economica: è una dimensione complessa e fondamentale della vita umana. Di più, è un elemento legato alla personale vocazione di ognuno, un autentico ed irripetibile cammino di autorealizzazione. Poiché ogni singolo individuo durante la propria vita segue una vocazione, questa richiede e comporta autonomia. Raggiungere la propria autonomia permette di creare e sviluppare relazioni, una parte essenziale della vocazione stessa: solo individui indipendenti possono essere veramente legati fra di sé Siamo profondamente convinti che ogni mestiere abbia una sua propria dignità ed un proprio significato. Le tre religioni della famiglia di Abramo testimoniano che il lavoro di per sé è parte integrante del progetto di Dio sull’umanità e sul mondo intero. Anche in una società laicizzata, le religioni hanno il compito di essere fari morali anche per i non credenti.
Vivendo in questo periodo di crisi economica e finanziaria, crediamo davvero che l’attuale situazione del mercato del lavoro debba essere considerata anche sotto una prospettiva politica ed etica. Nel corso delle nostre discussioni, ci siamo resi conto che alcuni problemi sono comuni a tutti i nostri paesi: disoccupazione giovanile, corruzione, mancanza di rispetto nei confronti dei lavoratori, diseguaglianza nelle opportunità, inadeguatezza delle regolamentazioni, un aumento crescente del gap sociale e geografico, discriminazione sessuale e delle minoranze. Un fraintendimento della politica, insieme a decisioni contraddittorie ed non ragionevoli, hanno peggiorato questa situazione creando nuove barriere tra i governi ed i rispettivi popoli.
Riguardo quanto sopra, non abbiamo il minimo dubbio sul fatto che qualcosa deve essere fatto in merito ai problemi in questione, con un impegno tanto personale quanto collettivo. Abbiamo concluso che il primo e più importante elemento dal quale è possibile partire per cambiare la mentalità corrente è l’educazione: la generazione presente e quella future devono essere educate ad un’idea appropriata di lavoro, che possa essere considerato sia un diritto sia un valore. Purtroppo, siamo consapevoli del fatto che il presente sistema d’istruzione, in particolare quello universitario, non è sempre adeguato alla formazione del capitale umano di una persona, così come a preparare lo studente ad entrare nel mondo del lavoro. Perciò, è necessaria una profonda riforma del sistema, tale che le persone possano trovare il proprio posto all’interno delle loro società e comunità.
Inoltre, in termini di approccio sistematico, siamo arrivati alla conclusione fondamentale che esiste un forte bisogno di lavorare sulla responsabilità personale. Alla base abbiamo individuato quattro pilastri: consapevolezza, partecipazione, comportamenti economici , solidarietà. Per quanto riguarda la consapevolezza, l’abbiamo analizzata a diversi livelli: il primo concerne la comprensione del nucleo dei problemi essenziali, il secondo riguarda il prendere atto degli ostacoli cui potremmo andare incontro, il terzo, infine, richiede il trasmettere le nostre convinzioni ed i nostri principi alla generazione futura. Questo tipo di consapevolezza, se esercitata correttamente, porterà le persone a riscoprire la volontà ed il diritto di partecipare in modo diretto e completo alla vita politica, in modo da influenzare le decisioni dei governi. Concretamente, nella vita di ogni giorno, abbiamo concordato sul fatto che uno strumento comune che possiamo usare per agire sulla sensibilità del mercato è il consumo, inteso come scelta responsabile da parte del consumatore che dovrebbe premiare le imprese che promuovono una politica di lavoro più umana e sostenibile. Un altra importante dimensione è la solidarietà, sia a livello personale che pubblico, intesa non solo come una risposta emotiva ma anche come una consapevole linea d’azione.
In un mondo interconnesso come il nostro, gli individui possono fare qualcosa da soli, ma necessitano della politica che li sostenga perché possano davvero raggiungere risultati a livello macroscopico. Per questo, chiediamo alla politica di essere pienamente consapevole della missione affidatale, che è, prima di tutto, il servizio nei confronti della propria comunità, del proprio paese e della comunità internazionale. In questo senso, è un impegno morale, per la politica, il facilitare per tutti la possibilità di trovare una realizzazione personale nel proprio lavoro, sottintendendo chiaramente un sistema economico capace di affrontare positivamente le nuove sfide di un equilibrio globale dinamico ed in continua evoluzione. Non stiamo delegando niente ad un potere a noi esterno: siamo semplicemente consapevoli che il terreno scelto per accogliere il seme deve essere fertile: perché i nostri sforzi possano essere efficaci, dobbiamo creare un contesto politico e legislativo aperto a nuovi modi di considerare l’economia, la società, la politica, il lavoro e lo stesso essere umano.
In conclusione, dopo aver preso in considerazione tutti i fattori e data la congiuntura geopolitica attuale, siamo pronti ad affermare che una mutua e benefica cooperazione nello spirito del Campo Internazionale, promosso dall’Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” di Firenze, ha il potenziale per contribuire alla costruzione di una nuova società e civiltà basata sulla solidarietà e sulla tolleranza e sui principali valori comuni condivisi da tutti noi.We are young people from many parts of the world, who gathered in La Vela Village to participate in the International Camp promoted by Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” of Florence. We come from Benin Cameroon, Democratic Republic of Congo, Israel, Italy, Madagascar, Palestine, Romania, Russia and Senegal. In an atmosphere of friendship and multicultural dialogue we discussed the topic of work and youth unemployment and shared our personal experiences without being restrained by social taboos or stereotypes and free from any kind of borders between us. Thus, we had the opportunity to share new points of view on a problem concerning everyone. Inspired by the African saying: “If you want to go fast, go alone; if you want to go far, go together”, we found out that living and discussing together strengthens our will to change things and makes it look possible.
The first essential point which we agreed on is that work is not just an economical category: it is a complex and fundamental dimension of human life. Moreover, it is related to everyone’s personal calling, an authentic and unique path to self-realization. Since calling is something that is followed by individuals in their life, it requires and causes autonomy. Reaching one’s own autonomy allows setting up and developing relationship, an essential part of calling: only independent individuals can be truly related to each other. We are deeply convinced that all occupations have their own dignity and significance. All the three religions of Abraham’s family testify that work per se is part and parcel of God’s plan for humanity and for the world itself. Even in a secular society, religions should have the commitment to be an ethical lighthouse even for non-believers.
Living this period of economic and financial crisis, we do believe that the current situation on the labor market must also be regarded in a political and ethical context. In the course of our discussions we discovered that some problems are common to each one of our countries: youth unemployment, corruption, lack of respect towards workers, inequality of opportunities, inadequacy of regulation, growing social and regional gap, minority and gender discrimination. Political misconceptions along with contradictory and unreasonable decisions worsen this situation creating new barriers between the governments and their peoples.
With regard to the above we have no doubt that something has to be done about the problems in question, with both a personal and a common effort. We have found that the primary and most important element we can start from in order to change people’s mentality is education: the present and the next generations must be educated to a proper idea of labor, which can regard it both as a right and as a value. Unfortunately, we are aware of the fact that the present learning system, in particular the University one, is not always adequate to shape a person’s human capital neither to successfully prepare a student to enter the labor world. Therefore, a profound reform of this system is needed, so that people can find the right place in their own societies and communities.
Further, in terms of systemic approach we came to the essential conclusion that there is a strong need in working on personal responsibility. Basically, there are four pillars, which are as follows: awareness, participation, economic behavior, solidarity. As far as awareness is concerned, we observe it on several levels: the first one is about understanding the core of the basic problems, the second one regards taking into account the obstacles we might cope with, and eventually the third one implies passing on our believes and principles to the next generation. This kind of awareness, if properly applied, will bring people to rediscover the will and right to directly and fully participate in political life, in order to influence governments’ decisions. Practically, in everyday life, we agreed that a common tool that can be used to act upon the market’s sensibility is consumption, intended as a responsible choice from the side of the consumer that should reward the enterprises promoting a more human and sustainable work policy. Not to put too fine a point on it, another important dimension is solidarity both on the personal and the public level, not just as an emotional response but also as a conscious way of acting.
In our interconnected world, individuals can do something by themselves, but they need politics to back them up in order to really achieve results on a macro level. Therefore, we demand from politics to be fully aware of the mission that is required from it, that is, above all, the service towards local, national and international communities. In this sense, it’s a moral commitment, for politics, to facilitate the possibility for everybody to find a personal realization in her or his work, clearly implying an economical system able to positively face the new challenges of a dynamic and evolving global balance. We’re not delegating anything to powers other by ourselves: we are simply aware that the ground that is supposed to receive a seed must be fertile: to make our efforts effective, we have to create a political and legislative context opened to new ways of considering economy, society, politics, work and human being itself.
At the end of the day, when all relevant factors have been taken into consideration, given the current geopolitical juncture, we are ready to go so far as to say that mutually beneficial cooperation in the spirit of the International Camp promoted by Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” of Florence has the potential to be conducive to help the building up of a new society and civilization on the basic of solidarity and tolerance and principle common values we all share.

Siamo un gruppo internazionale di giovani con diverse culture, religioni, occupazioni lavorative e storie personali, che hanno partecipato al Campo Internazionale 2011 organizzato dall’ “Opera per la Gioventù Giorgio La Pira”, al villaggio La Vela (Castiglione della Pescaia). Quest’anno abbiamo discusso e condiviso esperienze sul tema della migrazione: “Sotto lo stesso cielo: accoglienza ed integrazione nel villaggio globale”.
Il campo ci ha fornito una grande opportunità di scambio di opinioni e di punti di vista, in linea con la tradizione di dialogo internazionale dell’“Opera La Pira”, applicata ad una delle questioni aperte più pressanti nel villaggio globale: la migrazione.
Da un punto di vista più ampio, il nostro campo ha saputo utilizzare l’esperienza accumulata negli scorsi anni, durante i quali sono stati discussi, fra gli altri, i temi della partecipazione e della comunicazione. Abbiamo quindi applicato quest’esperienza ad un argomento che è comune ai paesi di origine di tutti i partecipanti: Albania, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Israele, Italia, Palestina e Russia.
Il nostro lavoro è stato organizzato principalmente intorno a due pilastri. Da una parte, al centro delle nostre discussioni abbiamo messo valori comuni: rispetto reciproco, apertura a identità diverse e preoccupazione per i cambiamenti globali. Dall’altra, pur mantenendo le nostre credenze e le nostre identità, abbiamo scoperto come possano essere complementari le une con le altre, attraverso un arricchimento comune in cui nessuno perde i suoi tratti peculiari.
Gli incontri e le discussioni hanno messo in evidenza diversi aspetti della migrazione. Allo stesso tempo ci siamo sforzati di arrivare a conclusioni definite e certe. Vogliamo qui di seguito sottolineare le principali.
La prima riguarda la comprensione del fenomeno in sé.
La migrazione è una realtà complessa. L’aspetto negativo sta nel fatto che solitamente coinvolge persone costrette a lasciare il proprio paese a causa di guerre, povertà, ecc… Noi però pensiamo che questo fenomeno non debba essere considerato solo come un problema, ma anche come una opportunità, dato che permette l’incontro ed il confronto fra i popoli. Il fenomeno non può essere affrontato in termini di misure semplici ed universalmente applicabili e tocca diverse dimensioni: economica, culturale, psicologica, sociale, morale, religiosa, legale, ecc… . In sostanza, la migrazione può essere presentata come un’interazione costruttiva, pacifica e reciprocamente benefica di gruppi diversi. La sfida per noi ora è evitare tensioni fra i diversi gruppi, sfiducia reciproca, paura, confini legali e simbolici, discriminazioni, conflitti, pregiudizi e fobie.
La seconda conclusione si concentra sui problemi legati alla migrazione.
Questo fenomeno può essere percepito dalle persone come un problema per via di vari fattori. Fra quelli oggettivi, figura la dimensione macroscopica del fenomeno: noi assistiamo a flussi di persone a livello globale, che si sommano alla crisi economica. Questi fattori possono essere difficilmente gestiti. Esistono invece altri fattori che possono essere influenzati dall’azione politica o sociale. Questa è una responsabilità delle istituzioni, che hanno il compito di favorire l’integrazione dei migranti, attraverso principalmente l’istruzione e un sistema di welfare ridistributivo. Un ruolo importante è giocato anche dai media, che a volte amplificano la paura e creano confini, pur avendo allo stesso tempo potenti risorse per agire in modo contrario. Altri fattori negativi sono l’attività di alcuni politici, che cercano di aumentare la propria influenza speculando sul problema della migrazione e gli interessi della criminalità, che abusa degli immigrati, ridotti spesso al ruolo di “schiavi moderni”; pesano, infine, la nostra stessa diffidenza nei confronti dei problemi che ci circondano e la mancanza di un’azione comune.
La terza conclusione riguarda il nostro coinvolgimento personale nel problema.
Abbiamo capito che non siamo solo osservatori passivi di quello che avviene attorno a noi. E’ necessario, possiamo e dobbiamo affrontare il problema con proposte e impegni concreti. Senza ombra di dubbio, è importante partire da noi stessi. E’ necessario essere critici verso le opinioni prevalenti e i pregiudizi. E’ fondamentale comunicare con i membri delle altre comunità, perché è la strada essenziale per capirli. E’ inoltre fondamentale partecipare ad iniziative civili e alla vita delle istituzioni, essendo esse una fonte essenziale di cooperazione e fiducia.
Siamo certi che la sola ed unica base per una soluzione efficace dei problemi sociali legati ai fenomeni migratori è la volontà personale di incontrare e conoscere l’altro, come abbiamo toccato con mano durante il campo. Questo è il motivo per cui chiediamo politiche che aiutino questo processo di integrazione basato sui legami e le relazioni interpersonali. Solo in questo modo saremo in grado di costruire una società con una nuova identità, condivisa da ogni cittadino.
Il nostro lavoro qui a La Vela ha dimostrato che questo compito è realizzabile. Tutti noi siamo venuti qua spontaneamente. Ognuno ha contribuito con le proprie conoscenze, esperienze e competenze. Gli scettici potrebbero replicare che questa è un’azione piccola, che difficilmente risolverà il problema generale. In ogni caso, siamo convinti che un fondamentale passo in avanti sia impossibile senza molte altre azioni simili a questa che abbiamo sperimentato insieme.
Il nostro obiettivo adesso è condividere questa esperienza nei nostri paesi e nelle nostre comunità locali, per diffonderla e moltiplicarla. La nostra volontà, il nostro impegno e la nostra energia contribuiranno all’organizzazione di un mondo migliore, dove persone di origini differenti vivono nel rispetto reciproco, in pace ed armonia.

 
Il gruppo internazionale

We are an international team of young people with different cultures, religious affiliations, professional occupations and personal backgrounds, who participated to the 2011 International Camp organized by the “Opera per la Gioventu’ G. La Pira” association, in La Vela village (Castiglione della Pescaia, Italy). This year we discussed and shared our experiences about the theme of migration: “Under the same sky: welcoming integration in the global village”.
The camp provided us with an opportunity for extensive exchange of our opinions and viewpoints. Our activity has been following the tradition of “Opera La Pira” international dialogue, applying it to one of the most fundamental open questions of the global world: migration.
To a great extent, the current session has profited from the experience of the previous years, when we discussed, among the others, the topics of participation and communication. We have applied the previous years’ experience to an issue which is common for all participants’ countries: Albania, Cameroon, Democratic Republic of Congo, Israel, Italy, Palestine and Russia.
Our work has been mainly organized around two pillars. On the one hand, we based our discussions on common values: mutual respect to others, openness to different identities and concern with global challenges. On the other hand, even preserving our own beliefs and identities, we have discovered they can complement each other, via a mutual enrichment by which nobody loses any of his peculiar traits.
The lectures and discussions highlighted different aspects of migration. At the same time, we strived to share definite and certain conclusions. Here we shall underline the main ones.
The first one relates to the understanding of the phenomenon in itself.
Migration is a complex reality. The negative aspect of this topic is that it usually regards people forced to move, because of wars, poverty, etc… . We think it should be not considered only as a problem, but an opportunity as well, since it allows meeting and confrontation between peoples. This phenomenon cannot be approached by means of simple universal measures and implies different dimensions: economic, cultural, psychological, social, political, moral, religious, legal, etc… . In sum, migration can be presented as an issue of constructive, peaceful and mutually beneficial interaction of different groups. The challenge for us is how to avoid tensions between different groups, mutual distrust, fear, legal and symbolic boundaries, discrimination, conflicts, prejudices and phobias.
The second conclusion is focused on the problems linked to migration.
This phenomenon can be felt by people as a problem because of different factors. Among the objective ones, there is the macro dimension of the phenomenon: we are currently experiencing accelerated global population flows combined with the economic crisis. These factors can hardly be managed. On the contrary, there are other factors that can be influenced by political or social action. This is responsibility of the institutions, which have tofacilitate the integration of migrants – education, welfare redistribution system, among the key elements. An important role is played also by media, which sometimes promote fear and creates boundaries, even if they have at the same time a powerful resource to do the opposite. Other factors are the activity of some politicians, trying to increase their influence speculating on the problem of migration, and the interests of the criminal sector abusing of illegal migrants, who often appear to be “modern slaves”. Finally our own indifference to the problems around us, and the lack of common action played a negative role.
The third conclusion regards our personal involvement in the matter.
We recognize we are not just passive observers of the issues around us. There’s a need, we can and we must deal with the problem by means of proposal and concrete committment. No doubt, it is important to start from ourselves. It is necessary to be critical towards the common sense and biased opinions. It is vital to communicate with people from other groups, for this is a fundamental way to understand them. It is critical to participate in civil initiatives and institutions, for they are the essential source of cooperation and trust.
We are surethat the one and only basis for an effective solution of the social problems related to migration phenomena is personal will of meeting and knowing the other, as we have experienced during our camp. That’s why we demand policies aiming to help this integration process based on personal bonds and relationships. Only in this way we shall be able to build a society with a new identity, shared by every citizen.
Our work here in La Vela proved that this task is doable. All of us came here on his own will. Everyone has contributed in terms of knowledge, experience and competences. Skeptics may say that this is a small action, which will hardly solve the general problem. However we are convinced that a fundamental breakthrough is impossible without many other actions similar to the one we have been experienced together.
Our goal now is to share this experience in our countries and local communities, to spread and to multiply it. Our will, commitment and energy will promote a better world, where people of different origins live in mutual respect, peace and harmony.

Testimonianze

Eric Remer
Il mio nome è Eric Remer, ho 28 anni e studio medicina ad Haifa, in Israele. Ho partecipato al Campo Internazionale, organizzato dall’Opera per la Gioventù Giorgio La Pira in Castiglione della Pescaia, dall’8 al 18 agosto 2007.
E’ stato molto emozionante venire al campo e avere l’opportunità di incontrare e conoscere persone provenienti da diversi paesi e dialogare con loro. Soprattutto mi ha interessato ascoltare le sensazioni del gruppo palestinese ed il loro punto di vista, perché geograficamante viviamo nelle vicinanze e condividiamo un conflitto ma, come persone, raramente abbiamo la possibilità di sedere e parlare senza mediazione di politici. La mia aspettativa principale era quella di conoscere persone e trovarmi in sintonia con loro a prescindere dalla religione, dalle convinzioni e dalle idee politiche. Dopo aver creato questa “sintonia”, mi sono interessato a discutere con loro il tema del campo “Persone, Comunità, Stato”, più a livello personale.
Sono contento dei legami che sono riuscito a stringere con i partecipanti provenienti da diverse parti del mondo. Alcuni di questi legami sono ancora vivi tutt’oggi e spero rimangano tali anche in futuro. Sono rimasto molto impressionato dall’organizzazione, l’ospitalià e i sinceri propositi dell’Opera per la Gioventù Giorgio La Pira di costruire un mondo di pace, e dai loro sforzi di rendere il mondo un posto migliore in cui vivere.
Infine vorrei dire che il campo mi ha fatto mettere a fuoco l’idea che le basi della pace e di un sano dialogo vengono direttamente dalle persone, da tutti quelli che, uno ad uno, desiderano dare il loro contributo, che guardano oltre l’orizzonte e che non si soffermano sul passato.
Vivendo insieme condividiamo i pasti e le attività quotidiane, ci siamo avvicinati gli uni agli altri e abbiamo vissuto pacificamente e in armonia. Dopo aver provato che questo è possibile tra poche persone, credo che possa realizzarsi anche con molte.
Eric Romer (Israele), campo internazionale 2007
Mario
Nella mia esperienza, i campi internazionali hanno significato relazionarsi con persone provenienti dai più vari angoli del globo, unite da un sottinteso obiettivo comune: condividere un luogo d’incontro in cui l’umanità di ciascuno sia conosciuta e valorizzata in ogni momento della giornata, creando così in concreto le condizioni per un dialogo aperto nel rispetto delle identità, religiose e culturali, di ciascuno.
Il campo mi ha permesso di condividere interessanti spazi di confronto in un’esperienza di vita “integrale” basata sulla dimensione comunitaria. Apprezzo molto che le giornate siano state in quest’ottica alternate da momenti di riflessione, di gioco e di permanenza sul mare, sempre scandite dalla preghiera. “Un’opportunità unica per allargare i contatti personali e dare maggiori capacità di comunicare in un contesto multiculturale” come anche altri hanno detto. Ancora una volta mescolare nazionalità e culture è stata una scommessa vinta, la prova di una convivenza tangibile e non esclusivamente teorizzata da grandi personalità che il campo lo concepirono e promossero, come Pino Arpioni e Giorgio La Pira.
Flavio
“Sempre devi avere in mente Itaca,
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa’ che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
 
E se la trovi povera,
non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio,
con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.”
                                                                                          Tratto da Itaca di Kostantin Kavafis
Penso che il viaggio di ciascuno di noi sia il dono più grande che ci sia stato dato, la meta sarà solo una conseguenza.
Nostro dovere arricchire questo viaggio di tappe significative.
La possibilità di conoscere, ascoltare, imparare e comprendere ci aiuta ad essere persone libere da una scuola di pensiero sempre più diffusa che da sempre più valore all’apparire rispetto all’essere.
Sicuramente una tappa importante nel mio viaggio sono stati 10 giorni in cui ho parlato, mangiato, riso, condiviso… vissuto con ragazzi così diversi da me, e alla fine così uguali
“…che cos’altro ti aspetti?”
Constant
La Vela: il villaggio dei sogni
Un villaggio senza confini
un luogo Unico
il villaggio di speranza
il villaggio di tutti
un crocevia
un luogo di incontro, condivisione, riflessione, sperimentazione, di scoperta di dare e ricevere, di divertimento, di riposo…
è una scuola in tutto.
Alla Vela, si sta bene
la Vela è un sogno
Il campo internazionale ha mosso in me lo spirito di comunità, di riflessione continua, di mondialità, mi ha fatto capire che la diversità è un valore nascosto dai nostri pensieri, dai nostri egoismi, che non ci danno mai Tempo per dedicarci alla ricerca del Vero.
Lì, c’è occasione di fermarsi un po’…
E’ un’esperienza che ci mette tutti intorno ad una sola tavola, per condividere e riflettere per una causa comune, che è “la riconquista di una vita dignitosa di tutti gli esseri umani nel mondo intero, secondo il disegno di Dio”.
Ecco, così possiamo costruire un nuovo mondo:
un mondo come la Vela
un mondo unito
un mondo più umano
un mondo più fraterno
un mondo più giusto.
Un mondo dove la dignità umana è regola quotidiana e fondamentale.

Viaggio – pellegrinaggio in Russia

Mosca – San Pietroburgo

17 marzo – 24 marzo 2007

 

Sabato 17 marzo – Domenica 18 marzo

 Ritrovo all’aeroporto di Firenze alle 15.30. Partenza per Mosca alle 17.15 con il volo dell’Alitalia, scalo a Milano Malpensa.

Alle 02.20 circa si arriva a Mosca, ci accoglie Dimitri: Lorenzo ha il passaporto danneggiato e verrà reimbarcato sull’aereo. Inutili sforzi dell’Ambasciata italiana contattata nella notte.
All’alba trasferimento in uno dei residence dell’università Mgimo (Istituto per le relazioni internazionali). Siamo sistemati in tre appartamenti.

Alle  8 partenza per il pellegrinaggio a Serghiev Posad. Con noi Alessandra, Caterina e Dimitri, come per il resto del soggiorno a Mosca.
Visitiamo il Monastero: la tomba di San Sergio, il museo, la Cattedrale dell’Assunzione, le altre cattedrali.
Pranziamo in ristorante e nel pomeriggio ritorniamo a Mosca.

Alle 19 la Santa Messa in uno degli appartamenti, poi la cena. Un breve incontro tra noi e poi a dormire.

 

Lunedi 19 marzo

 

Celebriamo le lodi e la S. Messa, poi colazione al Mgimo.
Alle 11 incontro presso l’Associazione “Common cause”: presidente ed altri dirigenti, poi il pranzo con Mikhail Arteev, responsabile dei rapporti con l’estero della stessa associazione.
Alle 16 visita al Monastero di San Danilov (Patriarcato della Chiesa Ortodossa Russa – Dipartimento delle Relazioni Esterne): incontro cordiale (in italiano) con padre Igor Vhyzanov, segretario per i rapporti intercristiani, ed un suo collaboratore. Regaliamo un quadro con l’immagine della Santissima Annunziata. Con noi Julia, docente di italiano al Mgimo.
Alle 18 (in delegazione) visita alla Nunziatura e lungo incontro con Mons. Antonio Mennini.
Visita serale della Piazza Rossa.
Rientro tardi al residence: vespri, cena, poi a dormire.

Martedì 20 marzo

 

Poco dopo le 7 arriva Lorenzo dall’Italia, con documenti e visto nuovi.
Celebriamo le lodi e la S. Messa, poi colazione al Mgimo.
Visita del centro di Mosca, della Piazza Rossa, di San Basilio, della Cattedrale della Resurrezione, del Cremlino e delle sue cattedrali. Si va anche al Consolato a far riparare gli altri tre passaporti deteriorati.
Pranzo pomeridiano al Mgimo.
Ritorno a Mosca centro e visita sull’Arbat.
Rientro tardi al residence: vespri, cena, poi a dormire.

 

Mercoledì 21 marzo

Celebriamo le lodi e la S. Messa, poi colazione al Mgimo.
Visita del Mgimo accompagnati dagli studenti. Gabriele intanto incontra la prof. Zonova. Ci si riunisce tutti al Dipartimento diplomatico.
Ricevimento ed incontro con il prof. Loginov, Vice Rettore, e la moglie. Sono presenti anche Mikhail Arteev ed Evghenij Silin, direttore dell’Aeac.
Pranzo al Mgimo e partenza in metropolitana per il centro di Mosca.
Alle 16 (in delegazione) incontro alla Duma con Sergheij A. Popov, presidente del Comitato per le Organizzazioni pubbliche e religiose. Ci accompagna mons. Ante Jozic, segretario della Nunziatura. Sono presenti anche l’assistente del presidente ed il deputato delegato ai rapporti interparlamentari con l’Italia. Doniamo “La Pira immagini di storia”.
Ci si riunisce tutti a San Luigi dei Francesi e visitiamo la chiesa. Visita al vicino monastero ortodosso: c’è il servizio liturgico serale.
Rientro in taxi al residence: vespri, cena e momento insieme ai nostri accompagnatori moscoviti, che salutiamo.

Giovedì 22 marzo

Trasferimento all’aeroporto di Mosca-Vnukovo. Lodi in aeroporto
Partenza per San Pietroburgo alle 10.40 con un volo interno, con noi Mikhail Arteev, che ci accompagna a San Pietroburgo.
Arrivo alle 12 a San Pietroburgo – Pulkovo 1.
Ci accolgono Maria Gurenovich ed un altra ragazza della parrocchia cattolica di Santa Caterina, Kiril Nosenko e padre Dionisio, collaboratore del Vescovo Markel (ha studiato latino presso il Seminario cattolico).
Ci trasferiamo nel Seminario cattolico dove pranziamo, con noi tutti gli accompagnatori.
Ci salutano il rettore, italiano e padre Mariano, spagnolo e studioso di La Pira, a cui lasciamo le note biografiche.
Visitiamo S. Isacco e la Fortezza di San Pietro e Paolo, sosta sulla Neva con scivolata in acqua di Daniele.
Alle 18 incontriamo presso la parrocchia di Santa Caterina suor Isabel ed alcuni dei ragazzi che sono stati nostri ospiti in Italia negli anni scorsi. S. Messa concelebrata da don Giovanni e padre Nicolai.
Rientro in metro al Seminario, poi cena. Dopo, una passeggiata fino alla piazza del Palazzo d’Inverno ed alla Neva.

Venerdì 23 marzo

Lodi e S. Messa presso il Seminario.
Colazione e poi visita del Cimitero di guerra di San Pietroburgo (assedio tedesco nella seconda guerra mondiale); al Monastero di San Alessandro Nevskij preghiera sulla tomba del Metropolita Nikodim. Incontro (in delegazione) presso le casa delle suore domenicane.
Pranzo presso il monastero.
Visita dell’Ermitage ed alle 19 assistiamo alla Boheme presso il Teatro Marinskij.

Rientrati al Seminario i nostri accompagnatori organizzano, con la collaborazione di padre Markus, vice rettore, una piccola festa per il diciottesimo anniversario di ordinazione sacerdotale di don Giovanni.

Ci benedice padre Dionisio.

Sabato 24 marzo
S. Messa, colazione e poi lodi al Seminario. Splendida giornata di sole.
Ci trasferiamo in pulmann a Puskin e visitiamo il Palazzo d’estate degli zar a Tsarkoie Selo: la visita è stata organizzata ed offerta dal Vescovo Markel.
Andiamo a San Teodoro dove ci accoglie padre Sergheij; visitiamo la Cattedrale, ormai quasi del tutto restaurata; nella parte superiore si sta completando l’iconostasi. Pranzo (con spaghetti e thé).
Incontro con il Vescovo Markel, ausiliare del Metropolita di San Pietroburgo.
Ci trasferiamo nel pomeriggio all’aeroporto di San Pietroburgo – Pulkovo 2.
Salutiamo i nostri accompagnatori, che sono venuti tutti in aeroporto.
Alle 18 circa partiamo per Firenze con il volo dell’Alitalia (via Milano Malpensa).
Arriviamo a Firenze alle 21.45.

 

Sabato 27 marzo 
Da Firenze partenza per Mosca,via Monaco :ci accompagna una mattina piena di sole . Sono 12 i giovani dell’ Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” che vengono per la prima volta in Russia. Con loro Giorgio Giovannoni,in rappresentanza della Fondazione ‘Giorgio La Pira’, Stefano Campigli del Consiglio direttivo dell’Opera e don Marco Pierazzi, assistente spirituale dell’Opera. Sono passati 45 anni dal primo pellegrinaggio a Mosca ( agosto 1959 ) del Professor La Pira e 20 dal primo viaggio dell’Opera. All’aeroporto moscovita vengono a prenderci gli universitari del Mgimo( Istituto delle relazioni internazionali del Ministero degli esteri) che hanno partecipato ai campi internazionali al villaggio “La Vela” organizzati da Pino Arpioni sin dal 1989. Lungo la strada cartelloni pubblicitari ti fanno credere di essere ancora a casa tua: richiamano il consumismo più sfrenato. Dopo cena ci s’infila nella metropolitana. Riemergiamo in piazza Puskin e via a piedi fino alla Piazza Rossa.Il Mausoleo di Lenin è sempre lì, ma all’ingresso non fa più la guardia il picchetto d’onore .Un poliziotto ai bordi delle transenne conversa tranquillamente con dei turisti. I simboli della falce e il martello o del PCUS li ritrovi solo sulle spille dei colbacchi neri che ti vendono per 15 euro gli ambulanti.
Domenica 28 marzo 
Brilla come non mai l’oro delle cupole a cipolla nel Monastero di Serghiej Possad ( già Zagorsk). All’esterno c’è una discreta sorveglianza di poliziotti muniti di metaldetector. Tanti fedeli in fila per poter entrare nella chiesa dove sono venerate le spoglie di San Sergio.Fila anche davanti alla cappella dove c’è un’acqua “miracolosa”. Accompagnato da una guida, il gruppo visita le innumerevoli chiese che formano la cittadella del monastero. In questa culla del cristianesimo russo molti i restauri in corso per meglio conservare gli affreschi e le antiche icone. Nonostante l’afflusso di fedeli c’è sempre una atmosfera di raccoglimento.
Lunedì 29 marzo 
L’appuntamento è nell’ Aula 8 dell’Università-Mgimo. E’ qua che si svolge la prima commemorazione all’estero del prof. Giorgio La Pira nel centenario della nascita e nel ricordo del suo storico viaggio al Cremlino del 1959. Le linee guida del pensiero e dell’azione di La Pira, apostolo di pace, le delinea Giorgio Giovannoni che parla sul tema “L’attualità del messaggio di Giorgio La Pira” insieme a Vadim Zagladin della Fondazione Gorbaciov. Intervengono il vice rettore Igor Loginov, la direttrice del dipartimento diplomatico Tatiana Zonova, Evgenj Silin dell’ AEAC, l’associazione di Cooperazione Euro -Atlantica, Victor Gaiduk, storico e Ghennadi Uranov , ex ambasciatore della Russia presso la Santa Sede.E’ presente significativamente anche Ante Josic, in rappresentanza della Nunziatura apostolica a Mosca .Nel pomeriggio, sempre all ’ università , un ricordo di Pino Arpioni, la cui vita di cristiano schivo e coerente e la figura di grande educatore sono ripercorse da Stefano Campigli, Victor Gaiduk e Tatiana Zonova. Seguono testimonianze preziose di giovani russi che hanno conosciuto “Pino” durante i campi internazionali al Villaggio “ La Vela ” : Giulia Shljahturova ha voluto dare atto della grandezza dell’amicizia nata tra giovani e dice “ abbiamo potuto scambiare le nostre speranze”. Victor Gaiduk riassume alcune lettere di universitari del Mgimo, già impegnati presso alcune sedi diplomatiche russe : Tatiana, ora al consolato russo a Milano; Serghiej attualmente all’ambasciata russa a Caracas, in Venezuela ed Ernesto, ora affermato giornalista. Infine prendono la parola anche Stefania Fossati e Dimitri Mascagni. C’è davvero tanta commozione nell’aula.

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Martedì 30 marzo 
A sorpresa all’ingresso del Monastero di San Danilov, troviamo Kostantin,uno dei seminaristi che è stato a “La Vela” ed ora è segretario del Capo dipartimento Relazioni Esterne del Patriarcato della Chiesa Ortodossa russa, il Metropolita Kirill. Padre John Lapidus ci aggiorna sullo stato dei rapporti tra le due Chiese cristiane sorelle.Il lavoro per sgombrare la strada da tante pietre d’inciampo è stato affidato, dopo la recente visita dell’inviato del Papa Cardinal Walter Kasper, ad una commissione mista. Giorgio Giovannoni ricorda il Concilio di Firenze del 1439 ed aggiunge: “Questa è la riprova che siamo pazienti”. E Lapidus ripete: ” Tra le nostre chiese sorelle ai primi 2 piani c’è comprensione.Bisogna far salire ai vertici, al terzo piano, questo spirito di collaborazione”.
Mercoledì 31 marzo 
Vadkovskij per .è una strada alberata e tranquilla nel centro di Mosca: riconosci la palazzina della Nunziatura Apostolica della Santa Sede dallo sventolio della bandiera bianca e gialla. Scatta la serratura di una porta e dopo qualche gradino ci ritroviamo in un salotto lindo, con stampe antiche, quadri e le foto di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII. Per la delegazione dell’Opera si apre una sala più ampia. Al centro un lungo tavolo imbandito. Arriva un uomo asciutto, dai modi semplici e un simpatico accento romano. E’ Antonio Mennini, nominato Nunzio Apostolico a Mosca il 6 novembre 2002. Dal 29 gennaio 2000 è stato Nunzio a Sofia, in Bulgaria. Il 1 febbraio scorso anche Mennini ha partecipato all’incontro tra il Patriarca della Chiesa Ortodossa russa Alessio II e l’inviato di Giovanni Paolo II, cardinale Walter Kasper ,presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Il Nunzio si siede in un angolino e ascolta con attenzione quanto gli va esponendo Giorgio Giovannoni, si interessa alle iniziative dell’Opera illustrate da Stefano Campigli, mostra di conoscere bene quello che è stato l’impegno politico e spirituale di Giorgio La Pira. Chiede notizie sull’iter della causa di beatificazione ed apprezza molto il dono del libro appena uscito su le sue lettere a Pio XII. Quanto ai rapporti con la Chiesa Ortodossa Russa si mostra ottimista, sembra privilegiare “i piccoli passi”, sottolineando la necessità di un lavoro in umiltà e in spirito di collaborazione, cercando di capire bene quanto abbia sofferto anche la Chiesa Ortodossa durante i 70 anni del regime sovietico. Alle 15,30 appuntamento alla sede dell’AEAC al n. 3 della Prechistenka , vicino alla Chiesa di San Salvatore. Qui ci attendono il Segretario generale Evgeny Silin e l’ex ambasciatore dell’URSS a Roma Anatolj Adamishin, presidente dell’Associazione Russia – Italia .Quest’ultimo ci sintetizza,con una discreta dose di ottimismo, l’attuale corso di Putin, proiettato a suo dire al recupero dell’identità nello spirito della “Grande Russia” , puntando su una forma di “democrazia guidata” e sul decollo dell’economia, improntata al libero mercato.Rivediamo Lev Kapalet con la moglie Natascia, la signora Tamara Karlova, vedova di Juri Karlov , il primo ambasciatore dell’URSS presso la Santa Sede.
Giovedì 1 aprile 
Il treno per San Pietroburgo partito da Mosca alle 23,59 arriva puntuale la mattina alle 8. Ci accolgono Padre Serghieij Podstavsky della Cattedrale di S. Teodoro a Puskin, Kirill Nosenko e altri giovani ortodossi. Il termometro è a meno 13, c’è tanto sole e una luce nitida riverbera i colori di questa città già splendida di suo. Proprio sulla Nevskj Prospect si trova la parrocchia di Santa Caterina d’Alessandria la cui chiesa è per data di fondazione, la prima chiesa cattolica dell’Impero Russo.Chiusa dal regime nel 1938 è stata restituita, dopo la caduta dell’URSS, nel 1992 .La comunità cattolica ci accoglie con un canto corale. Dopo la concelebrazione della messa in lingua russa presieduta dal parroco Padre Macicj Rusiechi o.p. , un rinfresco e tanti abbracci come se si ritrovassero amici da una vita. Diversi giovani sono stati già ospiti al Villaggio “La Vela”ed ognuno vuol ricordare i tanti momenti lieti. Sempre premurosa suor Matilde: la domenicana di origine italiana si occupa dei bambini di un asilo che è stato per tanti anni “clandestino”. Tramite lei, abbiamo incontrato Stefano Capilupi, laureato alla Sapienza di Roma che sta facendo il dottorato di ricerca all’università di San Pietroburgo. Stefano è stato con noi per 3 giorni, fino alla partenza. Davvero una presenza sensibile e preziosa. La notte a San Pietroburgo è uno spettacolo di luci. Non c’è monumento, palazzo, ponte, cupola o guglia che non sia illuminato in modo consono alle linee delle strutture architettoniche.

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Venerdi 2 aprile 

La neve si sta sciogliendo su quegli immensi prati dove riposano quasi un milione di civili periti nei 900 giorni dell’assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale. Ed anche per chi non viene qua per la prima volta, cresce la voglia di raccoglimento. Padre Serghieij e Kirill hanno testimonianze forti da riferire, racconti di episodi vissuti dai loro stessi familiari e parenti durante quel tragico assedio.E riemergono episodi d’ altruismo inimmaginabili in ore così buie. Torniamo in centro e nel cimitero vicino alla Accademia Teologica, attorno ad una tomba con dei garofani rossi secchi, si dice un Padre Nostro : è la tomba del Metropolita Nikodim, che partecipò al Concilio voluto da Papa Giovanni XXIII. Padre Serghieij ricorda la forza morale di questo uomo che credeva nell’ecumenismo : “ Nikodim sapeva scegliere i collaboratori e sapeva essere Padre. Finchè fu vivo lui (morì nel 1978 a Roma, tra le braccia di Papa Luciani, n.d.r ) non una chiesa ortodossa fu chiusa a San Pietroburgo”. Il tempo vola, ma i nostri ospiti riescono a trovarci i biglietti per il Teatro Marinskij .C’è un’edizione superba de “Il lago dei cigni”con un balletto dai costumi inimitabili.

Sabato 3 aprile 
L’ultimo giorno, proprio mentre scatta il conto alla rovescia per non rischiare di perdere l’aereo per Firenze, accumuliamo le sensazioni e le emozioni più forti. A Puskin, nella Cattedrale di S. Teodoro ci attende l’Archimandrita Padre Markell Vetrov ,professore all’Accademia teologica di San Pietroburgo. Giorgio Giovannoni se la ricorda bene come era ancora distrutta la cattedrale nel 1988, quando accompagnò Pino Arpioni da Padre Markell e nacque l’idea di invitare studenti e seminaristi ortodossi al villaggio ” La Vela” .“Senza un aiuto dallo Stato – ci tiene a dire Padre Markell – siamo riusciti a farla risorgere”.E invitandoci a tavola, con del cibo squisito, fa l’apprezzamento più significativo: “Quanto sono state importanti queste esperienze di scambi tra ortodossi e cattolici. Pino ci disse: ‘Dopo cambierete il modo di vedere i problemi della Chiesa’. Ed aveva ragione. Erano anni molto difficili . Noi ora abbiamo una visione della Chiesa più completa e ogni nostro punto di vista è più ampio e più nitido”.

2 novembre, cimitero di Rifredi

Il viaggio-pellegrinaggio inizia da qui, dalla tomba di La Pira. Andiamo in Terra Santa “sulle sue orme”. Occorre fondare qui il ponte di preghiera e di pace che intendiamo realizzare. Mario Primicerio ci incoraggia e ci ringrazia: il centenario di La Pira comincia in un certo senso con questo nostro viaggio. Saranno i giovani ad inaugurarlo in Terra Santa, in comunione spirituale con quanti saranno a Firenze nella Basilica di San Marco il 5 novembre.
5 novembre, Firenze – Gerusalemme
Si parte al mattino presto, alcuni in piena notte, chi da Firenze, chi da Bologna. Siamo 79. I primi saluti, l’emozione è forte. In chi ci accompagna in aeroporto c’è forse anche un po’ di preoccupazione: in Terra Santa in questo momento! A farci comprendere la realtà è la perquisizione all’aeroporto di Francoforte, dove quasi tutto il gruppo si ricongiunge: ci stiamo imbarcando per Israele, le misure di sicurezza appaiono fin da qui molto severe. Viaggiamo su un enorme 747, il volo in pieno giorno è uno spettacolo di panorami e di luce. Aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv: il controllo dei passaporti è macchinoso ed a tratti irritante. La prima difficoltà: mancano diverse valigie, che ci verranno recapitate il giorno seguente; conosciamo i nostri autisti, entrambi arabi cristiani. Qui è praticamente estate.
Finalmente Gerusalemme: “Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore! Ora i miei piedi si fermano davanti a te, Gerusalemme!”.Ore 18, entriamo nella Basilica del Santo Sepolcro.
Nella cappella dell’Apparizione a Maria ci attende già Mons. Pietro Sambi, Nunzio apostolico in Israele: celebriamo la S. Messa nel giorno anniversario della morte del prof. La Pira qui, nel luogo della Resurrezione. In fondo tutte le “ipotesi di lavoro” di La Pira partono dal “fatto materiale” della Resurrezione di Cristo (“i veri materialisti siamo noi che crediamo nella Resurrezione di Cristo!”), punto centrale e finale della storia dell’umanità. Il Nunzio traccia un ritratto appassionato e profondo del professore. Ceniamo insieme; dopo cena un momento di incontro, anche se la stanchezza comincia ad essere tanta. Ma basta iniziare e comprendiamo di avere davanti una persona di valore non solo per il ruolo che ricopre. La testimonianza del Nunzio è molto bella (e molto poco “diplomatica”: il clima è quello di un incontro fra amici e per nulla formale) ed è “in presa diretta” sugli avvenimenti del giorno: ci illustra la posizione di Israele, dei palestinesi e l’azione della Santa Sede; dà una sua lettura dei fatti (“i muri allontanano la pace: bisogna abbatterli non costruirli”). Ci esprime due preoccupazioni: per i giovani che qui, più che “annunziare” la primavera, paiono oggi attratti dagli estremismi, su entrambi i fronti. La seconda riguarda l’atteggiamento delle due parti: ambedue guardano al futuro e non manifestano un interesse sostanziale a risolvere il conflitto in atto, poiché sperano di essere in grado, per motivi opposti, di imporre domani la pace all’altro. Il dramma quindi è che nessuno lavora per realizzare la pace oggi. Avevamo iniziato illustrando i motivi del nostro viaggio: ci incoraggia. Spes contra spem!

6 novembre, Betlemme – Gerusalemme
Partiamo alle 7 per Betlemme. Davanti a noi il monte Sion “fortezza inespugnabile, baluardo del Signore!”. Sappiamo che non sarà facile entrare a Betlemme ed infatti la strada è subito bloccata. Ci sono imponenti misure di sicurezza a protezione della tomba di Rachele, dove sono riuniti centinaia di ebrei osservanti: non si passa.
Non desistiamo e ci dirigiamo verso Beit Jala, dove c’è l’altro accesso ai territori. Ci rendiamo conto che Betlemme è praticamente circondata (filo spinato, barriere di cemento, soldati); il valico è una frontiera vera e propria, ci sono rovine dappertutto. Pare impossibile entrare anche da qui: soldati israeliani in assetto di guerra controllano con lentezza esasperante tutto e tutti. L’accesso ai territori è davvero blindato. Improvvisamente un uomo viene verso di noi e districando i pullman nell’ingorgo inverosimile che si è creato ci apre la strada verso il posto di “frontiera”: i soldati si spostano, passiamo senza neppure un controllo. Più tardi sapremo da padre Ibrahim che la nostra entrata è stata oggetto di quattro giorni di trattativa con le autorità militari: l’ultima telefonata con il via libera è arrivata proprio mentre eravamo in attesa. Entriamo nei territori, ci sono tantissimi bambini che a vanno a scuola. E’ sotto i nostri occhi una delle più forti preoccupazioni di Israele: la crescita demografica dei palestinesi. Al “Terra Sancta College” ci attende padre Ibrahim. E’ la scuola dei padri francescani: mille bambini e ragazzi, di cui un quarto musulmani, tutti ugualmente aiutati a costruire un futuro di dignità in questa situazione per certi aspetti terribile. Ci spiega che per le bambine c’è un istituto analogo, sempre di queste dimensioni, tenuto dalle suore. Visitiamo le varie classi: è una meraviglia, un vero miracolo per la situazione in cui si trovano ad operare. La scuola è molto grande. In alcune classi gli studenti (da tre a diciotto anni) ci salutano cantando; è un tripudio di sorrisi. Celebriamo la S. Messa di Natale a Santa Caterina. Da lì scendiamo nella grotta della Natività. La stella del luogo della nascita, la mangiatoia: tutto nasce da lì. E’ un’emozione fortissima, la preghiera si fa intensa. Siamo praticamente soli con i monaci ortodossi. Attraversiamo la piazza e ci rechiamo in visita alla moschea. Siamo nel Ramadan; all’ultimo momento, dopo il diniego annunciato il giorno prima, vengono ammesse anche le donne del gruppo, che si coprono il capo in segno di rispetto. Spieghiamo brevemente il motivo della nostra visita: il cammino di unità della triplice famiglia di Abramo. C’è l’Imam con tutti i responsabili della comunità locale; in segno di omaggio viene “convocato” il muezzin che, “in diretta”, canta il richiamo rituale alla preghiera dal minareto (“lasciate tutto…lode al Signore ed al Suo Profeta”). E’ un incontro semplice ma importantissimo, ci vengono rivolte parole che evidentemente non sono di circostanza. Lasciamo in dono all’Imam un libro contenente le immagini della vita di La Pira; contraccambia distribuendo a tutti un breve testo teologico. Padre Ibrahim ci dice che è la prima volta, a sua memoria, che un gruppo viene ricevuto ufficialmente in moschea: e con quale cordialità! Ci dice che in qualche modo il clima, con i musulmani, è cambiato dopo l’assedio alla Natività. Oggi davvero per tutta Betlemme è una festa. Torniamo dai francescani e padre Ibrahim ci ricorda i giorni e le emozioni dell’assedio della Basilica della Natività (o meglio, come precisa, dell’occupazione e poi dell’assedio). Ci racconta di quelle ore, degli spari, degli otto morti, infine della telefonata del Papa (“siate forti, prego per voi”), di come si sia trovata una soluzione che pareva impossibile. Pranziamo insieme; lanciamo l’idea di far venire in Italia, insieme, un gruppo di giovani palestinesi ed ebrei. Ci dice che non è facile, ma l’idea lo entusiasma. Resteremo in contatto.
Ripartiamo ed è nuovamente un problema uscire dai territori. Dopo un’ora e quaranta minuti di coda esasperante alla “frontiera” (pensiamo a coloro che devono affrontarla tutti i giorni…), arriviamo al posto di blocco: un soldato armato di tutto punto, non contento delle spiegazioni dell’autista, sale sul pullman per controllare. E’ giovanissimo, nei suoi occhi c’è forse anche un velo di paura. Tre anni di servizio di leva in queste condizioni, il terrore dietro l’angolo. Sventoliamo i passaporti, non si addentra, controlla solo quello di don Angelo. Si scioglie e sorride: italians! Scende e saluta noi e l’altro pullman.Rientriamo a Gerusalemme. Prima della città, sul bordo della strada vediamo qualche decina di palestinesi in attesa di entrare sotto il controllo della polizia. Ci viene spiegato che è la norma: ore ed ore di attesa. Verso il Muro Occidentale (il “Muro del Pianto”): ci fermiamo al tramonto lungo le mura davanti al Monte degli Ulivi: dai minareti risuona il richiamo alla preghiera dei muezzin.
Entriamo al Muro. Preghiamo anche noi mescolati agli ebrei ortodossi. E’ un luogo sacro e si avverte. Contempliamo il mistero di Dio. Usciamo e più in alto, verso il quartiere ebraico, ammiriamo, è ormai notte, il Muro illuminato e la cupola dorata della Moschea di Omar in tutto il suo splendore. E’ l’unico Dio.
Incontriamo al “Casa Nova” Emanuela Dviri. Ci appare una donna forte e determinata. Ha perso un figlio soldato in Libano, ma riesce ad essere equilibrata, nonostante tutto.
E’ una delle “voci” ebree concretamente impegnate nel dialogo. Ci dice che qualunque cosa pensiamo di fare, dobbiamo farla per tutti e due, palestinesi ed israeliani: è l’unico e realistico modo di fare la pace, non solo di parlarne. Sottolinea come si trova, tutti i giorni, ad
operare per la pace, con persone molto diverse da lei. Forse le contraddizioni delle diversità potranno, un giorno, recare il dono di una pace che, per ora, resta un mistero.
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7 novembre, Gerusalemme – Nazareth
Al mattino prestissimo al Santo Sepolcro. Risuonano tutte le liturgie cristiane. Preghiera sul Golgota e davanti al Sepolcro. Monte degli Ulivi: davanti a noi Gerusalemme! E’ venerdì (nel Ramadan). Davanti a noi la spianata del tempio si riempie di fedeli. Entriamo nell’Orto degli Ulivi, ci sono piante millenarie. S. Messa al Getsemani: don Giovanni ci ricorda la sofferenza di Pino, offerta al Signore. Alla tomba vuota di Maria, cantando il “Salve Regina”. Qualcuno depone sulla pietra la preghiera a “Maria, Regina della pace” che stiamo recitando in questi giorni. E’ il momento dell’omaggio al popolo di Israele. Prima andiamo alla tomba di Rabin, sulla collina degli eroi: è l’omaggio ad un giusto. Poi a Yad Vashem, memoriale di Israele. Percorriamo il “viale dei giusti” fino alla Hall of Remembrance. La fiaccola brucia sopra al pavimento con i nomi di tutti i luoghi dello sterminio: Treblinka, Sobibor, Auschwitz… Sei milioni di morti. Poi al memoriale dei bambini ed è un’esperienza che non dimenticheremo: buio completo e dappertutto candele accese come tante piccole stelle. In sottofondo il battito del cuore che ogni tanto si interrompe. Diverse voci si alternano leggendo i nomi di tutti i bambini sterminati: è un elenco con un milione e mezzo di nomi. Nel pomeriggio entriamo nel deserto della Giudea (ci fermiamo a Wadi Qelt, in un punto panoramico, e leggiamo le parole di Mosè, dei profeti e dei salmi: l’esperienza di silenzio è indimenticabile). Lungo la valle del Giordano vediamo Gerico, città attualmente isolata. Eccoci a Nazareth e l’accoglienza è cordialissima. Subito l’incontro con il Sindaco Ramez Jaraisy, arabo cristiano. Siamo qui nel nome di La Pira per l’unità della famiglia di Abramo. Risponde a lungo in modo appassionato e non di circostanza: siamo tutti nazareni! Ci invita ad essere operatori di pace, a sperare anche se i tempi sono difficili. Arriva il Vescovo Marcuzzo, che cena con noi. E’ un personaggio di una energia incredibile. Lo incontriamo più a lungo dopo cena ed anche con lui l’incontro non è di circostanza. Ci dice che la nostra presenza vuol dire che la pace è possibile. Non è una cosa scontata. Ci dice chiaramente che qui l’ingiustizia perdura. Che finchè perdura, senza che ai palestinesi vengano riconosciuti i loro diritti, non vi sarà mai la pace. Che senza l’aiuto della comunità internazionale ciò non sarà mai possibile. Concludiamo cantando e mangiando insieme mandorle (simbolo di fedeltà, nel libro di Geremia la fedeltà all’Alleanza) e fichi secchi (simbolo dell’amore per la Parola di Dio, nella Bibbia e nel Talmud).
8 novembre, Nazareth e Galilea

Davanti a noi pianure fertilissime. Leggiamo la parabola del seminatore. Lago di Tiberiade: è un luogo bellissimo, la “porta del paradiso” per gli antichi. Cafarnao: la sinagoga, la casa di Pietro. Gran parte della vita pubblica di Gesù è avvenuta in questi pochi metri. Leggiamo vari episodi del Vangelo. La Chiesa del primato di Pietro: è il luogo della fedeltà e dell’inizio. “Tocchiamo” il lago, su cui si riflette il sole. Tabgha, festa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci. S. Messa solenne celebrata dal Patriarca Sabbah, in gran parte in arabo. Ci saluta ringraziandoci di essere venuti: ci incoraggia a credere che la pace è possibile nonostante tutto. Spes contra spem. Pranziamo al kibbutz di Ein Ghev, in riva al lago.
Attraversiamo in battello il lago di Tiberiade: ci fermiamo in mezzo al lago e leggiamo il Vangelo: Gesù cammina sulle acque. Il lago è anche abbastanza “mosso”. Il vento soffia un po’. Sullo sfondo le rive verdeggianti, Tiberiade, il Golan. E’ davvero un momento di grande raccoglimento. Scendiamo a Tiberiade ed è un altro mondo: musica assordante. E’ sabato ed è festa, ma qui molto “laica”. E’ solo un attimo, saliamo al Tabor accompagnati da tassisti beduini un po’ agitati. Siamo ormai al tramonto ed hanno fretta: sta per finire
l’astinenza ed il digiuno imposto dal Ramadan. Leggiamo l’episodio della Trasfigurazione. E’ ormai sera e fa freddo. Torniamo a Nazareth: nonostante l’ora i frati francescani ci aprono le porte della Basilica dell’Annunciazione. Ci accoglie padre Samir: ci mostra su di un lato del loggiato una lapide con un bassorilievo di La Pira. E’ stato collocato da qualche settimana. Ci dice: siete a casa vostra! Recitiamo il rosario davanti alla grotta, preghiamo per la pace. A cena sono con noi un gruppo di giovani arabi cristiani accompagnati da un padre salesiano; conosciamo le difficoltà e le storie di questi ragazzi. Dopo cena incontro e grande festa insieme: basta davvero poco per fare amicizia. In fondo è solo un arrivederci: anche qui lanciamo il nostro invito ad un incontro in Italia! La stanchezza di questi giorni intensissimi comincia a farsi sentire; ci si rilassa un po’ a firmare le cartoline per tutti gli amici rimasti in Italia. Ne scriviamo 460!
Si ride, si è contenti: alla fine anche padre Daniele, responsabile del “Casa Nova”, a cui in questi giorni abbiamo fatto letteralmente girar la testa, si scioglie e sorride.

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9 novembre, Nazareth – Firenze
Sveglia presto, come sempre: si prepara il bagaglio con tutti i “ricordi” da sistemare. Ci si avvia in Basilica per un momento di preghiera personale. Ci siamo solo noi. Alle otto e trenta la S. Messa: don Marco ci ricorda la comunione nella preghiera con i ventidue monasteri di clausura a cui abbiamo scritto. Questa celebrazione è forse il momento più bello ed intenso del pellegrinaggio. C’è un raccoglimento che impressiona, l’emozione è forte. Diversi sono commossi. Ci si confronta con il sì di Maria. Il suo “eccomi” interpella tutti. La preghiera ed il canto continuano a lungo anche dopo la celebrazione, mentre uno per uno ci rechiamo alla grotta, inginocchiandosi nel luogo dell’Annunciazione. Sulla destra, in alto, la “finestrina” del Beato Angelico. Visitiamo la casa di San Giuseppe e poi, attraverso il mercato vecchio, il luogo della sinagoga dei tempi di Gesù. Anche lì leggiamo il Vangelo: Gesù che annuncia a tutti che la profezia si è avverata. Si parte e piove: è una benedizione per questa terra, non piove da aprile. Passiamo dal Monte Carmelo, sostiamo sul mare presso le rovine di Cesarea Marittima, dove pranziamo. Aeroporto di Tel Aviv. Le immagini sacre controllate una ad una, le valigie disfatte, controlli estenuanti. Passiamo infine la dogana e ci si rilassa. Eccoci nuovamente sull’aereo: il clima è gioioso, tutte facce contente: siamo davvero “colmati” di emozioni, ricordi, forse grazie. A Francoforte comincia la festa: si improvvisa la bandierina, sotto gli occhi divertiti del personale dell’aeroporto. Fallisce per un soffio il tentativo, al momento dell’imbarco, di far pronunciare all’altoparlante la mitica frase dei campi a La Vela: “partenza per il mare”. Il piccolo aereo per Firenze è praticamente tutto nostro, con sei malcapitati. Ormai sembra di essere in gita in pullman, fra battute e show dei più esuberanti.

Arriviamo a Firenze e ci si saluta: è un grazie reciproco, intenso e profondo, frutto di una esperienza autentica.

In Terra Santa sulle orme di La Pira

Dopo il «ponte» a due arcate tra Fatima e Mosca, per unire Oriente e Occidente, i giovani dell’Opera La Pira rilanciano dalla Terra Santa il loro impegno di pace. Ripercorrendo le orme del «sindaco santo», dal 5 al 9 novembre, 80 giovani hanno pregato sui luoghi santi, hanno incontrato le autorità civili e religiose e hanno allacciato rapporti di amicizia con giovani ebrei e palestinesi che ci si augura potranno proseguire anche nell’attività dei campi-scuola che l’Associazione organizza da 50 anni in Toscana.
E come faceva il «Professore», prima di partire, si sono rivolti alle claustrali per chiedere il sostegno dell’orazione e ricordare quanto La Pira aveva scritto loro nel Natale 1967, al ritorno da Gerusalemme: «Perché non iniziare proprio da qui, dalla Terra Santa, la nuova storia di pace, d’unità e di civiltà dei popoli di tutta la terra? Perché non superare con un atto di fede religioso e storico, e perciò, anche politico, tutte le divisioni che ancora tanto gravemente rompono l’unità della famiglia di Abramo, per iniziare, proprio da qui, quell’inevitabile moto di pace destinato ad abbracciare tutti i popoli della terra e destinato ad edificare una età qualitativamente nuova della storia del mondo?».
Il punto di partenza del pellegrinaggio è stata la Basilica del S. Sepolcro a Gerusalemme, dove mons. Pietro Sambi, Nunzio apostolico in Israele, ha celebrato il 5 novembre l’Eucarestia nell’anniversario della morte del «Professore», del quale ha tracciato un appassionato ritratto. Dopo cena, nell’incontro informale, il Nunzio ha espresso le sue preoccupazioni per i giovani attratti dagli estremismi e per ambo le parti che sembrano non impegnarsi oggi nella risoluzione del conflitto nell’illusione di essere in grado domani di imporre la pace all’altro.
Poi la visita a Betlemme «assediata» dalle truppe israeliane e l’incontro con P. Ibrahim Faltas e il «Terra Sancta College» dove studiano mille tra bambini e giovani, un quarto dei quali musulmani. E per la prima volta ad un gruppo di cristiani (comprese le ragazze!) si apre ufficialmente anche la moschea dove il gruppo viene ricevuto cordialmente dall’Imam.
Quindi di nuovo a Gerusalemme, con la preghiera sui luoghi sacri, l’omaggio alle vittime dell’Olocausto e l’incontro con la giornalista Emanuela Dviri, una delle voci ebraiche più impegnate sul fronte della pace. Infine la Galilea, con la sosta sul lago di Tiberiade e la Messa celebrata dal patriarca Michel Sabbah nella chiesa del Primato di Pietro, a Tabgha. A Nazareth il gruppo è accolto dal sindaco (un arabo cristiano) e dal vescovo Giacinto Boulos-Marcuzzo, appassionato ed energico difensore della sua gente. Anche qui il ricordo di La Pira carica di speranza ogni incontro, ogni colloquio: nella basilica dell’Annunciazione da pochi giorni è stato collocato un bassorilievo del «Professore». E ai giovani arabo-cristiani che raccontano le loro storie e le loro difficoltà, l’arrivederci in Italia, per un cammino di pace che ci si augura sia solo all’inizio.

Claudio Turrini