CAMPO INTERNAZIONALE 2014 – GENERAZIONI IN CAMMINO: ATTIVISMO, RICERCA E SPIRITUALITÀ NEL NUOVO MILLENNIOINTERNATIONAL CAMP 2014 – WALKING GENERATIONS: NEW MILLENNIUM ACTIVISM, RESEARCH AND SPIRITUALITY
Da sempre l’Opera per la Gioventù Giorgio La Pira mira a promuovere lo sviluppo e l’educazione integrale dei giovani, cercando di renderli persone e cittadini responsabili, attenti alle esigenze e ai bisogni del mondo.
È in questa prospettiva che si inserisce il Campo Internazionale, esperienza di incontro e di dialogo fra giovani di culture, popoli e religioni diverse. Con l’intenzione di essere il più possibile fedeli ad una vocazione di attenzione e cura nei confronti di tematiche attuali e pressanti, quest’anno abbiamo rilevato la necessità di focalizzare l’attenzione sui giovani intesi come realtà storica e categoria sociale, in special modo concentrandoci sul ruolo che questi hanno avuto nel promuovere o nell’assecondare alcuni dei cambiamenti più significativi dello scenario politico e sociale contemporaneo.
I giovani nella società: indifferenti o creativi?
Quella dei giovani è una categoria spesso abusata, specie in ambito massmediale: in particolare nel mondo occidentale, le nuove generazioni vengono presentate come disinteressate nei confronti dell’ambiente circostante, immersi in una sorta di apatia che li scollega da qualsiasi avvenimento di portata più o meno rilevante. Il nuovo elemento rappresentato dal continuo accesso a internet ed i nuovi strumenti di comunicazione forniti dai social network non sembrano modificare questa tendenza, finendo anzi con l’aggravarla: il costante bombardamento di informazioni cui i giovani sono soggetti ha apparentemente l’effetto di anestetizzarne le coscienze. L’ansia legata ad un’aspettativa verso il proprio futuro è indubbiamente presente, ma non si concretizza mai in atti concreti, in battaglie sociopolitiche propriamente dette, limitandosi il più delle volte ad una sterile ed effimera presa di posizione digitale che non ha riscontro poi nel mondo fuori dalla rete. Quanto questa condizione di indifferenza è dettata da una mancanza di consapevolezza delle proprie potenzialità o degli strumenti a disposizione per operare un cambiamento effettivo? Quanto invece si tratta solo di paura di mettersi in gioco su un terreno che non sia quello sicuro e relativamente privo di rischi che è la rete?
I giovani, però, non vengono visti unicamente sotto questa luce, anzi; pieni di interessi e naturalmente aperti al diverso, tolleranti nei confronti di altre culture e visioni del mondo perché ancora non fossilizzati nel punto di vista della generazione precedente, i giovani sono potenzialmente la testa di ponte per un cambiamento della realtà sociale unico nel suo genere. Le occasioni di studio all’estero, decisamente incrementate da organizzazioni politiche quali l’UE, e l’istintiva messa in discussione dei sistemi valoriali prestabiliti, forniscono ai giovani un’apertura mentale che confligge con l’immobilismo e l’apatia riscontrati. Come è possibile conciliare due elementi all’apparenza così dissimili? E i giovani che concezione hanno di se stessi? In quali delle due visioni si riconoscono maggiormente?
I giovani nella storia: vari tipi di impegno.
Nella storia, spesso la frustrazione nei confronti di un sistema preesistente che limita la progettualità è deflagrata in proteste più o meno pacifiche, che hanno però avuto un impatto notevole sulle politiche governative e sugli scenari sociopolitici mondiali: dalle manifestazioni studentesche in Francia del 1968 alle proteste degli studenti americani durante la guerra del Vietnam, dai movimenti giovanili anti-mafia dell’Italia degli anni ’80 alle manifestazioni per i diritti civili in Irlanda del Nord, si possono riscontrare numerosi esempi ed episodi. Anche nella storia recente, l’attivismo giovanile ha contribuito notevolmente al mutamento di alcuni scenari politici: i paesi coinvolti nella cosiddetta Primavera Araba, il Venezuela, le aree balcaniche, Spagna e Grecia, molte sono le realtà recentemente o tutt’ora coinvolte in movimenti studenteschi o giovanili tesi al mutamento di una situazione considerata ormai insostenibile. Spesso, però, questi movimenti sono sfociati in episodi di violenza; e come vanno valutate, da un punto di vista oggettivo e imparziale, manifestazioni che non si peritano nell’uso della forza, pur nel conseguimento di un fine considerato giusto?
Esiste un diverso metodo di risposta al desiderio di attivismo, che è quello classico e socialmente accettato della partecipazione alle realtà sociali e politiche esistenti, come partiti e associazioni. Certamente meno osservata e meno visibile, quella della partecipazione politica e del volontarismo sociale è una realtà in crescita, che rappresenta di per sé una risposta valida ed efficace alla volontà di cambiamento che la anima. Un lavoro silenzioso all’interno degli ingranaggi di un sistema che si vuole cambiare, però, è da considerarsi ugualmente efficace di una manifestazione di forza che indubbiamente attira più attenzione da parte dei media, come può essere una manifestazione di piazza? Fino a dove è giusto utilizzare gli strumenti della politica, quando proprio questa è percepita come uno dei problemi da risolvere?
Un nuovo tipo di movimento giovanile, legato al forte sviluppo tecnologico, è l’associazionismo online; non si contano le associazioni internazionali online che coinvolgono giovani e che si pongono obiettivi pratici e di collaborazione, senza limitarsi a tweet e likes, ma agendo anche nel concreto. Un esempio può essere il World Youth Alliance, che mira a creare rapporti tra ragazzi del Medio Oriente e del Nord Africa con l’impegno di creare società giuste che rispettino la dignità di ogni persona.
A livello istituzionale, non mancano fortunatamente anche politiche mirate, leggi e fondi dedicati pensati per il mondo giovanile e le sue esigenze. Dalla mobilità studentesca ai fondi di ricerca, fino alle facilitazioni economico-finanziarie per giovani coppie e famiglie, diversi governi stanno cercando di venire incontro a quelle che sono ansie e necessità sempre più pressanti. Da diversi anni l’Europa si sta muovendo per migliorare la situazione dei giovani; l’ultimo atto compiuto è lo Youth Guarantee, il quale si pone un obiettivo ambizioso, ossia che gli Stati membri offrano a tutte le persone di età inferiore ai 25 anni un lavoro, un’educazione continuativa, un apprendistato o un tirocinio entro quattro mesi dalla fine degli studi o del contratto lavorativo. Quanto sono appropriate le risposte che le istituzioni sanno dare ai bisogni dei giovani sui rispettivi territori? Dove invece è possibile un ulteriore sviluppo? E attraverso quali altre strutture è possibile attuare un cambiamento?
I giovani e le loro potenzialità nella prospettiva religiosa
Le tre religioni abramitiche sono da sempre sensibili alle realtà giovanili, e prestano particolare attenzione ad ansie e desideri delle nuove generazioni, tentando di leggerli alla luce della rivelazione divina. Nei testi sacri di tutte e tre le grandi religioni, la gioventù è interpretata spesso come momento turbolento e problematico della vita, durante il quale gli stimoli mondani rischiano di allontanare a più riprese il cuore del fedele dall’amore verso Dio, ma anche come momento privilegiato per l’ascolto, per l’apertura, per la dedicazione totale alla voce divina, una risposta resa più facile paradossalmente proprio dal radicalismo tipico dell’età giovanile. L’invito alla vicinanza con Dio risuona nel libro dei Salmi: “Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole.” (Sal 119,9), mentre San Paolo rileva come un giovane che agisce in maniera pura possa essere esempio e insegnante anche agli anziani: “Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. Fino al mio arrivo, dedicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito.” (1Tim 4,12-14); anche nel Corano si trovano esempi di come i giovani siano a volte fra i più pronti a seguire Dio e i suoi profeti, andando contro il tipo di prudenza che il mondo invece suggerisce: “Nessuno credette in Mosè, eccetto alcuni giovani della sua gente, poiché temevano che il Faraone e i suoi notabili li mettessero alla prova” (X,83).
L’interpretazione di determinati avvenimenti si riallaccia direttamente alla concezione della storia come evento indubbiamente umano, ma nondimeno guidato da Dio in corrispondenza ai Suoi disegni: i giovani hanno la possibilità dunque di porsi come interpreti di questi disegni, spiriti particolarmente reattivi e sensibili che forzano il mondo verso un’età nuova, più avanzata nel progetto divino; le alternative sono, invece, l’essere complici di un immobilismo che vorrebbe frenare il cammino storico, da una parte, o il lasciarsi trascinare da una violenza rivoluzionaria fine a sé stessa, non corrispondente ad altro disegno che ad una smania incontrollata e caotica. Come le grandi religioni possono agire da guida per i giovani nel discernimento della propria volontà di cambiamento? Quali strumenti possono loro dare per capire appieno il proprio ruolo nel cammino storico dell’umanità?
All’interno del rapporto fra religioni e giovani, non è possibile evitare di considerare anche l’appoggio materiale che le istituzioni religiose hanno prestato a determinati movimenti giovanili di protesta o addirittura lotta sociopolitiche: laddove è riconosciuta una legittima presa di coscienza e richiesta di diritti, i capi religiosi non esitano a sostenere concretamente le iniziative giovanili e studentesche, come nell’emblematico caso del ruolo avuto dalla Chiesa cattolica nella Repubblica Democratica del Congo nel 1992 durante le manifestazioni contro il dittatore Mobutu Sese Seko. D’altra parte, numerosi sono stati anche i momenti in cui le autorità religiose hanno aspramente criticato movimenti di protesta anche legittimi, schierandosi invece dalla parte della tradizione e dello status quo: quale deve essere il ruolo delle guide religiose verso giovani ansiosi di operare un cambiamento nella propria società? Quando e in che modalità è auspicabile un appoggio, o altrimenti una critica?
It’s in this perspective that finds his place the International Camp, an experience of encounter and dialogue among young people from different cultures, communities and religions. With the purpose of being faithful as much as possible to a vocation of attention and care towards actual and urgent themes, this year we felt the necessity to focus on youth interpreted like an historical reality and a social category, especially concentrating on the role young people had in promoting or supporting some of the more meaningful changes of the political and social contemporary scenario.
Youth in society: indifferent or creative?
That of youth is a category often abused, especially in a mass-media area: particularly in the Western world, new generations are presented as disinterested towards the surrounding reality, immersed into a sort of apathy that disconnects them from any kind of event, more or less relevant. The new element represented by constant access to the Internet and to the new communication instruments supplied by social network doesn’t seem to change this tendency, ending up in exacerbating it; the constant bombing of information which young people are exposed to has apparently the effect of anesthetizing consciences. The anxiety linked to an expectation towards their future is present without any doubt, but it doesn’t realize itself in concrete acts, with real sociopolitical battles, limiting itself most of the time to an unproductive and fleeting digital stance that doesn’t find space in the world outside the net. How much this condition of indifference is dictated by a lack of consciousness of our potential or of the instruments given to operate an effective change? On the other hand, how much of this is just fear of questioning ourselves on a field that is not one as secure and harmless as the net?
Young people, anyway, aren’t seen only from this perspective, on the contrary; full of interests and naturally open to the different, tolerant towards other cultures and visions of the world since they’re not yet fossilised on the former generation’s point of view, young people are potentially the main actors of a social change of a unique kind. The chances of studying abroad, certainly incremented by political association such as UE, and the instinctive critique of prearranged system of values, give to youth a opened mind that conflicts with the noticed inactivity and apathy. How is it possible to conciliate two elements so apparently different? And what do young people think about themselves? In which of the two visions to they recognize themselves more?
Youth in history: different kinds of activism.
Anxiety for a life project frustrated or obstructed by actual sociopolitical conditions, however, creates another phenomenon in the world of young people, diametrically opposite to the one just described. Frustration towards a present system that limits planning and the missing participation to political and decision-making systems often lead to reactions destined to have a deep bearing on governmental politics and on worldwide sociopolitical scenarios: from student manifestation in France during 1968 to American students’ objection during the war in Vietnam, from young anti-mafia movements in Italy in the ’80s to the manifestation for civil rights in North Ireland, numerous episodes and examples can be found. Even in recent history, youth activism has considerably helped with the change of some political scenarios: countries involved in the so called Arab Spring, Venezuela, balcanic areas, Spain and Greece, many are the realities recently or still involved in students’ or youth’s movements whose aim is the change of situation considered to be unbearable.
However, often these manifestations give rise to violence episodes; and how are movements and manifestations that don’t put aside violence, even if in order of a goal considered to be the right one, to be objectively and impartially considered?
There’s a different way of answering to the activism desire, which is the classical and socially accepted participation to social realities and existing politics, like parties and associations. Certainly less observed and less visible, political participation and social voluntarism are a growing reality, that represent per se a valid and effective answer to the will of change animating it. Yet, is a silent work within the mechanisms of a system that we want to change to be considered as effective as a strength manifestation that claims, without any doubt, more attention from media, like a manifestation in a square? Is it right to use political instruments, when politics itself is felt like a problem to be solved?
A new kind of youth movement, linked to the great technological development, is online organization; online associations that involve young people and that give them practical and collaborational goals, without reigning them in tweets and likes but concretely acting, can’t be counted. We can find an example in World Youth Alliance, which aims to create relations between young people from Middle East and from North Africa, with the goal to create just societies that respect individual dignity.
Institutionally, there’s no lack of focused politics, laws and dedicated capitals thought for youth world and his needs. From students’ mobility to research capitals, up to economical and financial facilitations for young couples and families, several governments are trying to meet the more and more urgent anxieties and requirements. Since many years Europe is moving to improve youth situation; the last action made is the Youth Guarantee, an ambitious goal that is the offer, from member Countries, of a work, a constant education, an apprenticeship or a training within four months from the studying or the working contract end to any citizen younger than 25 years old. How much are the answers given by institutions appropriate for youth needs on respective countries? Where, on the other hand, can people work on a further development? And through what other structures is it possible to make a change?
Youth and their potential under a religious perspective
The three Abrahamic religions are, from time immemorial, sensitive about youth realities, and give particular attentions to new generations’ anxieties and desires, trying to read them in the light of divine revelation. In the Holy Texts of the three great monotheistic religions, youth is often interpreted as a stormy and problematic moment of human life, during which secular incitements risk to separate several times the believer’s heart from his love for God, but also like a privileged moment for listening, for answering, for total dedication to divine voice, an opening made paradoxically easier by typical young radicalism itself. The call to a closeness to God resonates in the Psalms book: “How can a young person stay on the path of purity? By living according to Your word.” (Psalms, 119, 9), while Saint Paul observes how a youngster acting purely can be an example and a teacher even for old people: “Don’t let anyone lood down on you because you are young, but set an example for the believers in speech, in conduct, in love, in faith and in purity. Until I come, devote yourself to the public reading of Scripture, to preaching and to teaching. Do not neglect your gift, which was given you through prophecy” (1Tim 4,12-14); even in the Quran there are examples about how young people are sometimes the ones more willing and ready to follow God and his prophets, going against the kind of caution world suggests: “But no one believed Moses, except some youths among his people, for fear of Pharaoh and his establishment that they would persecute them” (X, 83).
The interpretation of certain events is directly linked to the concept of history as a human occurrence, but nonetheless led by God according to His plans: youth have the possibility to present themselves as exponents of this schemes, particularly reactive and sensitive spirits that force the world to a new age, more advanced in the divine project; instead, choices are to be complicit with an immobility that’d want to put a halt to the historical path or, on the other hand, to be led by a revolutionary violence which is a purpose in itself, not corresponding to any design other than an uncontrolled and chaotic restlessness. How can the great religions be a guide for youth for discerning their will of change? Which instruments can be given to young ones to help them fully understand their role in the human history’s pattern?
Within the relationship among youth and religions, it is not possible not to consider also the material help that religious institutions have given to certain youth’s movements of protest or even to sociopolitical fights: where a legitimate awareness and request of rights are recognized, religious leaders don’t hesitate to concretely sustain youngsters’ and students’ initiatives, such as the emblematic role the Catholic Church had in Democratic Republic of Congo in 1992 during the manifestations against the dictator Mobutu Sese Seko. On the other hand, there have been numerous moments during which religious authorities have harshly criticized objection movements, even if legitimate, lining up with tradition and status quo: what should the role of religious guides be regarding youths anxious to operate a change in their society? When and how is it beneficial a help, or a critic otherwise?