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Campo Internazionale 2014 – Documento conclusivo

CAMPO INTERNAZIONALE 2014 

GENERAZIONI IN CAMMINO: ATTIVISMO, RICERCA E SPIRITUALITÁ NEL NUOVO MILLENNIO

 

In un mondo complesso e in continuo cambiamento, scosso da importanti eventi che modificano l’equilibrio geopolitico di determinate aree, sentiamo l’impegno che le generazioni che ci hanno preceduto non hanno conosciuto a questi livelli. Questo impegno ci chiama ad essere attivi su scala globale, non limitati da confini nazionali o da culture, società e religioni differenti. Siamo giovani provenienti da Albania, Angola, Camerun, Costa d’Avorio, Gabon, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Repubblica Democratica del Congo, Russia, Ucraina, Yemen, studenti e lavoratori che hanno condiviso al Villaggio “La Vela” giorni di discussione e di divertimento in un’atmosfera di amicizia e dialogo. L’interazione aperta, sincera e diretta di cui abbiamo fatto esperienza durante questo Campo Internazionale ci ha portato ad analizzare importanti argomenti riguardanti l’attivismo giovanile, visto non solo come azione fine a se stessa, ma come una responsabilità fondamentale cui vogliamo dedicarci. L’attivismo come lo concepiamo è uno sforzo comune che richiede una base forte e solida, e un’ampia preparazione. La curiosità, che ne è parte integrante, è un’eredità istintuale della natura umana: per usarla saggiamente, è necessario saper vedere più lontano, fare attenzione anche a situazioni, culture ed eventi che vanno oltre la nostra immediata vicinanza. Il principale ostacolo per questo tipo di curiosità è l’indifferenza, alimentata dal consumo continuo e superficiale di prodotti mass-mediali; allo stesso tempo, il possibile accesso a una grande quantità di notizie può e dovrebbe portarci ad aprirci veramente alle sofferenze degli altri, creando forti incentivi che ci portino a prenderci cura gli uni degli altri in molti modi diversi. Per procedere su questa strada, dobbiamo essere consapevoli che un semplice guardarsi intorno è solo il primo passo, lontano dall’essere sufficiente in termini di attivismo responsabile. Infatti, questo richiede un approccio più razionale, che può essere riassunto nella formula “conoscenza attraverso apprendimento”. Questo tipo di conoscenza, essenzialmente diversa da quella accademica, pretende un coinvolgimento e una continua formazione personale. I risultati di quest’ultima, una volta condivisi, diventano informazione per le nostre comunità. Oggi nuovi strumenti tecnologici, in particolare i social media, ci permettono di facilitare questo processo, garantendo accesso a un’incredibile quantità di informazioni. Comunque, la rivoluzione digitale costituisce anche un rischio, dato che può dare un falso senso di partecipazione, nascondendo l’indifferenza dietro al click di un “mi piace”. Da un lato la responsabilità dovrebbe essere considerata motore importante di un attivismo vero e costruttivo, dall’altro è anche una delle sue conseguenze principali. Riguardo questa relazione di causa ed effetto, essere in grado di intervenire su determinate situazioni ci permette di scegliere liberamente la linea di azione che preferiamo, rendendoci così responsabili per ciò che facciamo e per ciò che non facciamo. Questa responsabilità dovrà essere anche più sentita per chi ricopre posizioni di leadership a tutti i livelli e indipendentemente dall’area competenza. A ogni modo, non solo i leader, ma tutti dovrebbero sfruttare questo approccio per cercare e selezionare gli strumenti adatti a raggiungere obiettivi più importanti, facendo tutto il possibile per limitare l’uso della violenza. A proposito degli strumenti dell’attivismo, occorre ricordare che possono assumere diverse forme a seconda delle dimensioni essenziali della vita umana, ovvero personale, sociale e politica. Riguardo la dimensione personale, acquisire conoscenza ha ancora una volta un’importanza centrale nella formazione di uno stile di vita attivo e responsabile: a tal proposito, la ricerca può essere considerata lo strumento primo e centrale richiesto come base di ogni possibile azione, anche la scoperta di ulteriori strumenti. Lo spostamento verso un impegno sociale comincia col condividere la conoscenza acquisita attraverso la ricerca: questa è l’educazione. Insegnare ed educare sono i mezzi principali attraverso cui è possibile formare gruppi capaci di pensiero critico, seguendo le orme di modelli delle generazioni passate, ma capaci di adattarli a una mutevole condizione storica. Sia attraverso il volontariato, il lavoro in gruppi o associazioni o semplicemente con il proprio lavoro, la percezione delle proprie azioni come un servizio per la comunità piuttosto che come mezzi per raggiungere un certo obiettivo distingue un attivismo socialmente orientato da una crociata egoistica, individualistica e auto-glorificantesi. Fra tutte le possibili attività, la politica dovrebbe essere considerata per definizione un servizio alla comunità, indipendentemente da standard sempre più bassi causati dalla corruzione dei singoli individui. Essere attivi positivamente in politica non vuol dire solo esprimere il proprio dissenso votando, protestando, manifestando, promuovendo e firmando petizioni etc.; è anche uno stimolo a partecipare alla politica istituzionale nello sforzo di riportarla alla sua nobiltà originale. Nonostante la comprensibile e diffusa paura di non essere in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati o di non essere all’altezza del compito, crediamo fermamente che una vocazione così importante non debba essere ignorata né che debba dipendere dalla sicurezza di un risultato tangibile. La base inevitabile per quanto detto è una profonda spiritualità, una bussola etica e morale che ispiri e guidi le nostre azioni. A partire da questa definizione, è facile capire che la spiritualità non è qualcosa che appartiene solo alle religioni, ma è un ponte tra credenti e non credenti, un tesoro di valori condivisi che porta le persone a prendersi cura l’uno dell’altro. Questa dimensione interiore ci fornisce l’energia e la volontà necessarie ad abbandonare il nostro istintivo egoismo, così che possiamo aiutare gli altri senza alcun interesse personale. Da un punto di vista religioso l’attivismo non è percepito solo come una serie di fatti concreti. Fuggire dal mondo cercando la contemplazione assoluta non deve essere considerato in sé una buona opzione, dato che può anche essere un rifiuto verso ogni forma di attività piuttosto che una decisione consapevole e sentita. Vogliamo comunque sottolineare che la preghiera in sé è una forma di attivismo, un intervento concreto capace di influenzare un cambiamento in meglio. Alla fine, partendo da una base religiosa, abbiamo bisogno sia della vita contemplativa che della vita activa, la spirituale e la pratica: abbiamo bisogno sia di Giosuè sul campo di battaglia, che di Mosè che alza le sue mani al cielo. In quanto giovani provenienti da ogni parte del mondo, sentiamo comunque l’urgenza di impegnarci nella direzione della pace. Per questo abbiamo simbolicamente firmato, in occasione del suo 50esimo anniversario, la dichiarazione finale della Conferenza Internazionale della Gioventù per la Pace e il Disarmo: “Le generazioni nuove di tutti i popoli della terra convenute a Firenze alzano dalla terrazza di Palazzo Vecchio il loro sguardo pieno di speranza verso le nuove frontiere storiche del mondo – le frontiere della pace, dell’unità, della libertà, della elevazione spirituale e civile di tutte le genti – e si impegnano di attraversarle insieme e di costruire insieme la nuova, universale, pacificata e fraterna casa degli uomini”. Così facendo, ci impegniamo ad aderire agli stessi principi che hanno guidato i giovani radunati da Giorgio La Pira a Firenze, profondamente convinti che il mondo abbia bisogno del contributo di tutti e ciascuno di noi per costruire un futuro di pace e giustizia. Castiglione della Pescaia, 16 Agosto 2014