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Leggere i segni dei tempi – Storie di generazioni in cammino

DOCUMENTO FINALE – CAMPO INTERNAZIONALE 2018
 
Le generazioni sono in cammino in un mondo in costante cambiamento. Il progresso tecnologico ha dato vita a molte nuove opportunità e sfide, tuttavia sentiamo la necessità di essere formati per riuscire a fare le giuste scelte ed avere strumenti per navigare nell’eccesso di informazioni a cui siamo sottoposti. Noi, più di 100 giovani provenienti da tutto il mondo, sentiamo l’urgenza di condividere un messaggio di speranza e di impegno attivo nel costruire un futuro di amicizia e pace per l’umanità. Arriviamo dall’Angola, dalla Bielorussia, dal Camerun, dal Congo, dall’Italia, da Israele, dal Libano, dal Mali, dai Territori Palestinesi, dal Perù e dalla Russia. Durante questi giorni abbiamo guardato al futuro, talvolta così spaventoso, che è ciò che siamo chiamati a pensare, costruire e condividere. Pensare e realizzare il futuro comporta la conoscenza delle nostre radici, la consapevolezza delle sfide del nostro tempo e uno sguardo profetico verso il mondo, che sia capace di leggere i segni del tempo e annunciare una nuova primavera.
 
Negli ultimi decenni, abbiamo vissuto un’ondata di dirompenti cambiamenti, sia sociali che tecnologici, senza precedenti, che hanno ampliato il divario tra le generazioni, rendendo più complessa la realizzazione personale ed economica dei più giovani. Una delle conseguenze di un tale cambiamento è che oggi le generazioni sono chiamate a fronteggiare la sempre più difficile sfida della comunicazione tra loro in un tempo di crescente incomunicabilità. Viviamo in un mondo dove le opportunità si collocano in uno spettro sempre più ampio, così che le esperienze di vita dei più giovani tendono ad essere difficili da comprendere per i più anziani e viceversa. Sebbene da un lato questo permetta agli individui di costruire il proprio Io in maniera più definita, d’altra parte il senso di isolamento e solitudine cresce. L’immediatezza dello stile di vita moderno ha certamente ampliato il divario generazionale e, allo stesso tempo, getta ombre sul ruolo delle generazioni future.
Le generazioni, e le varie identità che di cui queste si compongono, sono chiamate a dover legare il passato con il futuro. Tuttavia, se questo legame è messo in discussione dall’immediatezza, dall’incertezza e dalla mancanza di fiducia, lo sono allo stesso modo le strade per definire le nostre identità. In questa narrativa, che noi rifiutiamo fermamente, l’identità diventa un concetto che divide, che mira ad escludere il diverso e chiunque non appartenga alla stessa realtà. In un tale contesto la definizione di identità individuali e collettive non è più un mezzo per costruire ponti tra il passato, fatto di radici differenti e peculiari, e il futuro dove le differenti radici sono condivise per raggiungere obiettivi comuni. L’identità diventa un’idea monolitica che vive solo nel passato ed è spaventata dal futuro. Noi, generazione giovane, non dobbiamo essere spaventati o tentati da questa narrativa di odio. Al contrario, è urgente che le persone mettano in atto una risposta fatta di responsabilità e visione: responsabilità, per essere capaci di capire e prendersi cura del presente come sfida complessa nelle nostre famiglie e comunità, così come con i nostri amici e vicini; visione, per progettare soluzioni appropriate per il futuro.
 
Siamo convinti che il coinvolgimento individuale e responsabile e l’attivismo, rappresentino una condizione necessaria e cruciale pietra d’angolo. Tutte le nostre scelte sono, in definitiva, forme di attivismo politico, a partire da quello che compriamo, passando dal tipo di cammino professionale che scegliamo di seguire, per arrivare al modo in cui decidiamo di educare le future generazioni. Tuttavia, siamo consapevoli che questo non può essere sufficiente per fronteggiare le sfide del nostro tempo, le azioni collettive orientate al lungo periodo sono cruciali. Sappiamo che il tempo della sterile autocommiserazione deve finire. Siamo chiamati ad essere responsabili per il futuro, ponendoci un obiettivo da raggiungere e agendo in funzione di questo. Di conseguenza il conflitto tra generazioni e all’interno delle generazioni stesse non può essere più affrontato come un fattore di divisione. Al contrario, esso, rappresenta opportunità per nuove soluzioni che non sono il risultato di decisioni unilaterali ma condivise. Questo sarà possibile soltanto ribaltando la logica della mera contrapposizione di potere nei processi decisionali, così che le decisioni siano basate sull’ascolto reciproco e sulla comprensione.
 
Questo rappresenta un passaggio fondamentale per pensare a soluzioni condivise che tengano in considerazione il complesso legame tra le generazioni e le relazioni all’interno di esse. Un simile processo non è lineare né di semplice realizzazione poiché è imprescindibile dallo sforzo di diversi componenti della nostra società, ai quali è chiesto di trovare una soluzione condivisa mediante il dialogo. Questo a volte significa essere pronti a realizzare compromessi, per legare il passato al futuro, rinunciando al nostro benessere immediato per raggiungere qualcosa di più grande. Anche se questa linea di pensiero potrebbe sembrare principalmente teorica, siamo convinti che molte delle sfide del nostro tempo possano essere affrontate soltanto attraverso il dialogo e la responsabilità intergenerazionale. L’esempio più paradigmatico è quello delle politiche ambientali che si legano all’idea di futuro che vogliamo trasmettere alle generazioni a venire. Allo stesso modo, le ondate migratorie, le politiche per l’educazione, le riforme sulla sicurezza sociale, i processi innovativi, non possono essere affrontati ciecamente guardando soltanto al consenso elettorale e ai risultati a breve termine. Al contrario, devono essere fronteggiate guardando al futuro e considerando che le scelte che facciamo oggi daranno forma alle nostre comunità per i decenni a venire. Tale prospettiva può essere perseguita soltanto se la fiducia e la speranza permeino la nostra società.
La speranza, in particolare, rappresenta la pietra d’angolo su cui costruire il futuro. La speranza, infatti, presuppone l’essere parte di qualcosa di più grande di noi, che il mondo non è cominciato e non finirà con noi. È stato detto che viviamo in un’epoca di crisi di fede e che le dimensioni spirituale e religiosa sono sempre meno considerate. Noi giovani, durante questo Campo, abbiamo sperimentato uno stile di vita in cui a dimensione spirituale e religiosa sono al centro e ci arricchiscono sia individualmente che come comunità, in particolare grazie al dialogo tra differenti tradizioni e religioni.
Il messaggio di speranza proprio delle religioni e tradizioni Abramitiche diventa sempre più cruciale nel nostro tempo. Per questo, noi giovani generazioni appartenenti a differenti religioni e tradizioni, ci impegniamo a testimoniare il messaggio di pace e di speranza che appartiene alla nostra fede, lottando contro la narrativa che propone le religioni come un mezzo di violenza e separazione. Al contrario, le religioni sono e per sempre devono rimanere un luogo per l’incontro e il dialogo, per affrontare assieme le sfide che ci si pongono dinnanzi. In questo senso, viene alla mente l’immagine di Isacco ed Ismaele, che nonostante la loro separazione, si incontrano a Mamre nel ricordo del padre Abramo (cfr. Gen. 25, 9).
Infatti, le religioni Abramitiche rappresentano il perfetto paradigma per il dialogo e la relazione intergenerazionale: radicati nel passato e sempre con lo sguardo verso il futuro. In questo senso, fin dal principio fu detto: “L’uomo lascerà suo padre e si unirà a sua moglie” (Gen. 2, 18). L’apertura al futuro, la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande di noi, la fede in Dio e nelle generazioni future sono aspetti di fondamentale importanza per noi, giovani credenti. Se perdiamo il nostro sguardo pieno di speranza verso il futuro, ci esponiamo al rischio che gli estremismi utilizzino la religione per nascondersi dal futuro: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt. 13, 52). Sperare significa anche essere aperti al mistero, a qualcosa che non riusciamo a comprendere. Come il Corano ci insegna, quando Ismaele incontra Abramo dopo un lungo periodo, Ismaele è rispettoso e devoto verso il padre ed è aperto alla richiesta di Abramo, anche se non è in grado di comprenderla: “Poi, quando raggiunse l’età per accompagnare [suo padre questi] gli disse: “Figlio mio, mi sono visto in sogno, in procinto di immolarti. Dimmi cosa ne pensi”. Rispose: “Padre mio, fai quel che ti è stato ordinato: se Allah vuole, sarò rassegnato” (Corano 37, 102). Le religioni, con il loro messaggio di speranza, si compongono di futuro e di radici, differenze e riconciliazione nel nostro comune padre, Abramo. Noi, generazioni giovani del mondo, siamo chiamati a diffondere con cura i semi di speranza, a coltivarli con pazienza e lasciare alle future generazioni il compito di raccoglierne i frutti.
Siamo stati parte di una esperienza dove i ponti vincono sui muri, dove la memoria incontra la visione profetica di un futuro di pace e dove la speranza ha l’immagine del nostro nuovo amico e fratello. Ci sentiamo fortunati e riconoscenti per il dono che ci siamo fatti a vicenda e ci impegniamo a preservare, condividere e mettere in pratica “lo spirito della Vela” nelle nostre famiglie, con i nostri amici e comunità, nei nostri paesi di origine per costruire assieme il nostro futuro di speranza e di pace.