Il momento di passaggio tra il percorso formativo e l’inizio del percorso professionale è diventato negli anni sempre più complesso per i giovani. Pubblichiamo un articolo di Carlo Terzaroli, socio dell’Opera e dottorando in Scienze della Formazione presso l’Università di Firenze, che analizza questo passaggio inserendolo in un contesto formativo ed educativo più ampio, che prende in considerazione il ruolo e la responsabilità dei vari “attori formativi” e del giovane in prima persona.
Il nesso che lega l’educazione e il lavoro ha radici profonde in tutto il percorso di crescita della persona. Fin da bambini, l’aggancio con il mondo degli adulti passa dai sogni di futuri mestieri: l’astronauta, il pompiere, il calciatore, la principessa, la veterinaria sono solo alcuni degli esempi più noti nei libri di storie e nell’immaginazione dei più piccoli. Infatti, è attraverso il lavoro che si immagina il proprio ruolo e contributo alla società: crescendo le figure si articolano in percorsi più concreti, in aspirazioni tratte da testimoni della storia o da esempi di vita quotidiana che hanno già percorso quella strada. In età adulta, poi, il lavoro costituisce la principale attività quotidiana, sia per energie coinvolte che per tempo impiegato.
Proprio il lavoro rappresenta in questa prospettiva un elemento costante, a diversi livelli, per l’intero processo formativo. Se da un lato è sicuramente spinto da necessità di sostentamento e caratterizzato da alcune tensioni personali ed emotive, dall’altro esso è fonte di autorealizzazione, di soddisfazione, perfino di gioia. Focalizzando l’attenzione sui giovani adulti (in quella fascia complessa che va dai 18 ai 30 anni), il sogno di un lavoro e la via per raggiungerlo rappresentano una tappa centrale nel percorso di crescita e di maturazione. Attraverso la scuola e l’università, passando per le esperienze di vita personale e sociale, ciascuno affronta il cammino di ingresso nell’età adulta. In questo sentiero, il lavoro si configura come snodo cruciale di tutta la transizione verso l’età adulta: un efficace passaggio, infatti, rende possibile l’acquisizione di indipendenza, l’uscita dal nucleo familiare e la costruzione di una nuova famiglia; permette inoltre la partecipazione attiva alla società, attraverso il proprio contributo attivo, e rende possibile l’esercizio di una cittadinanza sensibile ai bisogni della comunità. Da ciò si può desumere l’importanza del passaggio dai percorsi di istruzione verso il mondo del lavoro che non si esaurisce nella relazione tra essi: al contrario, in essa si concentrano tutti gli ambiti di vita in cui la persona vive e opera. Il legame tra i due mondi, allora, permette di gettare uno sguardo più ampio verso la realizzazione di benessere per l’uomo e per il cittadino.
Alla luce di tali considerazioni di sfondo, i livelli di disoccupazione (soprattutto giovanile) che hanno caratterizzato il nostro paese in questi ultimi anni delineano un campanello d’allarme non solo sul piano dei valori economici e del mercato del lavoro, ma un fattore
critico per lo sviluppo delle persone e delle società. Se la transizione verso il lavoro è così carica di importanza, per il presente e per il futuro del soggetto, è responsabilità degli attori deputati all’educazione dei giovani adulti prendersi cura della loro formazione come soggetti e come lavoratori. Accompagnare la formazione di persone capaci di operare in diversi contesti, affrontandone i cambiamenti e le sfide, è compito primario soprattutto delle istituzioni educative. Proprio a tal proposito la connessione tra scuola e società, attraverso l’attività lavorativa, è stato oggetto della riflessione di molteplici pedagogisti: già nel 1899 John Dewey sosteneva come «la nostra vita sociale si è trasformata in modo profondo e radicale. Se la nostra educazione deve avere qualche significato per la vita, occorre che anch’essa passi attraverso una trasformazione altrettanto profonda». Le criticità che i giovani si trovano oggi ad affrontare richiamano tali riflessioni in una prospettiva che tenga in considerazione le problematiche del quadro attuale. Al di là dei luoghi comuni sulle discipline da eliminare o sulla disoccupazione congenita di alcuni ambiti di studio, i percorsi di istruzione sono oggi coinvolti in una faticosa fase di trasformazione sul tema. Se l’inserimento efficace nel lavoro coinvolge tutta la persona, esso non si limita alla mera acquisizione tecnica di competenze, ma è rivestito di un profondo coinvolgimento di identità e di azioni, di profonde eredità familiari e sociali, di vocazione personale e di ambiente esterno di riferimento. È un percorso in cui la riflessività rappresenta un momento fondamentale per la comprensione di propri talenti, risorse, aspirazioni e valori che si relazionano con le scelte e le occasioni che si possono incontrare.
Favorire questo percorso di acquisizione di forma dell’uomo non è assimilabile ad una soluzione chimica, in cui occorre regolare goccia su goccia le composizioni, ma sta dentro la relazione che l’uomo ha con se stesso, con gli altri e con il mondo. In ciò, la scuola e l’università non hanno tanto il compito di insegnare cose “utili”, ma di aiutare i soggetti ad orientare ciò che apprendono nella propria prospettiva di vita, nelle strade che si pongono innanzi e nella costruzione di percorsi in linea con i propri valori personali. Non è un processo semplicemente introspettivo: al contrario, esso insiste in un’apertura al futuro, in uno sguardo dalle aule di oggi al lavoro di domani. È per questo che occorre sottolineare con forza come non basta insegnare, ma occorre fare educazione con uno sguardo diverso, aiutando i giovani a comprendere le sfide e le opportunità, a relazionarsi con i contesti reali di lavoro, a sviluppare la capacità di autoriflessività. Ciò può divenire possibile pianificando percorsi, attività e modalità didattiche che non siano soltanto trasmissive, ma che sappiano far sviluppare un senso e un significato al futuro personale e professionale di chi vi è coinvolto. In sintesi, occorre ribaltare l’idea di una scuola per la scuola o di una scuola per il lavoro: essa è molto di più: è una scuola per il futuro e per la vita, in cui abitano il lavoro, la famiglia, i sogni, l’impegno sociale, la comunità.
Cruciale allora è la maturazione personale, profonda, che richiede l’ingresso nel mondo del lavoro. Tale scelta, che assume sicuramente i connotati di un percorso di discernimento vocazionale, avviene qui-e- ora, in un preciso contesto e nelle forme concrete dello studio e della vita. Per questo l’accompagnamento delle istituzioni e delle comunità di appartenenza non può che costituire un supporto ad un cammino di comprensione
del sé e delle proprie scelte: l’orientamento, il consiglio, la relazione educativa sono innesti indispensabili del viaggio attraverso il quale il giovane si fa uomo nel e attraverso il lavoro.
In quest’ottica, che considera il percorso di formazione della persona dentro e fuori dal contesto scolastico formale, risulta fortemente rilevante anche il ruolo delle molteplici esperienze sociali e comunitarie. Dato che il progetto personale e professionale si costruisce in un dialogo intenso intrapersonale e interpersonale, tutte le esperienze concorrono a definire l’orientamento personale al lavoro. Ciò che conta, allora, è la costruzione di luoghi e momenti di riflessività, in cui si possa far tesoro degli apprendimenti, dei desideri e degli eventi stessi. Accompagnando questo percorso, che è il percorso di formazione della persona umana nella relazione educativa, si potrà sorreggere il cammino della vita, di cui il lavoro è perno centrale per sé, per gli altri e per l’umanità intera.